Vorrei, forse dovrei, parlare del voto in Liguria. Ma lo farò in una prossima occasione. Scelgo invece una parola e un argomento molto distante (forse solo apparentemente?): gli UFO.

Sì proprio gli Unidentified Flying Object o Unknown Flying Object. Oggetti volanti non identificati, o sconosciuti.

Ho trovato in una piccola ma attraente fiera del libro nella piazza antica di Mentana (città garibaldina nella quale mi sono da poco trasferito) un libro che raccoglie numerosi scritti di Giorgio Manganelli proprio sotto il titolo Ufo, e altri oggetti non identificati. E’ stato ripubblicato quest’anno da un piccolo editore (Mincione Edizioni) approfittando del fatto – mi è stato spiegato – che Adelphi, che edita le opere di Manganelli, ha lasciato fuori un certo numero di sue produzioni, tra cui queste. Ma non si pensi a un Manganelli “minore”.

L’inventiva fantastica dell’autore emerge nella passione-attrazione per gli oggetti volanti non identificati. In alcuni articoli tra i primi anni ’70 e i primi ’80 il tema e la parola tornano più volte. «La delusione più cocente e insieme più astratta della mia vita, e di molti altri come me – scrive tra l’altro – fu senza dubbio il mancato sbarco dei marziani nel decennio tra il 1950 e il ’60. Se siete dell’età giusta, ricorderete quegli anni torvi ed eroici. I giornali erano colmi di dischi volanti».

Gli UFO non si manifestano più come una volta, ma ogni tanto se ne vede ancora qualcuno, magari in luoghi umili e appartati. «Li hanno visti sulla Spezia, dove si mangia così male, scommetto che varrebbe la pena di impiantare degli osservatori ad Alessandria o a Foggia». Eppure un UFO appare, in un giorno di maggio del ‘78, anche a Milano. In una città non più «avida di futuro» molte persone l’hanno visto, anche se i radar «che non hanno né cultura né speranza di vita futura, non registrarono nulla».

Naturalmente Manganelli, citando Jung, non manca di fornirci una spiegazione psicologica del suo e del nostro amore per gli UFO. In un momento in cui il «senso del mondo è totalmente e scientificamente represso, esso riappare come un misterioso segno luminescente sulla notte».

Il tema è approfondito sotto il titolo Sull’orlo dell’apocalisse, prefazione al volume Vent’anni al 2000 (1982, ERI), che raccoglieva interviste a molti intellettuali italiani (Arbasino, Argan,Bobbio, Calvino, Eco, Firpo, Rita Levi Montalcini, Lombardini, Musatti, Peccei, Pellegrino, Zanzotto). Varrebbe la pena di andare a rileggerselo integralmente, per vedere l’effetto che fa confrontare quelle idee di futuro con le nostre, e con la realtà (almeno quella da noi percepita) di un futuro-passato alla soglia del millennio. Per Manganelli vi si leggeva l’alternarsi di «ottimismo ingiustificato ma solido, e pessimismo giustificato ma intollerabile».

Il primo pensierino che mi è venuto è che ai nostri giorni – gli strange days che si susseguono da quell’anno 2000 – gli UFO sono tornati stabilmente nei cieli sotto la specie delle molteplici famiglie di droni. Oggetti volanti che sempre più spesso crediamo di avvistare, e che riempiono di nuovo i giornali. Portano un nuovo tipo di guerra, meno apocalittica di quella atomica, tanto temuta nel secolo scorso, forse più psicologicamente e moralmente insidiosa. Ci porteranno anche il cibo a domicilio. E sono già giocattoli per bambini ricchi.

Il fatto deludente è che i marziani siamo noi. L’illusione che gli alieni potessero sbarcare sulla terra per restituire senso al mondo, oppure per eliminare alla radice il problema, si è terribilmente affievolita.