Un popolo smarrito si aggira per gli aeroporti del mondo intero. È un popolo di ventisei milioni di passeggeri che, ogni anno e nel migliore dei casi, attende impotente un volo in ritardo. Nei casi peggiori, non salirà a bordo perché il volo è stato cancellato, o resterà a terra perché sono stati venduti più biglietti di quanto la capienza dell’aereo consenta. Quei ventisei milioni di sventurati, quasi due sono italiani, avrebbero diritto a un rimborso calcolato su una cifra globale di undici miliardi di euro, 840 milioni guardando alla sola Italia. La legge europea 261/2004 prevede, infatti, un indennizzo da 250 a 600 in base alla distanza del volo, sulla base di una serie di regole che non lasciano spazio a interpretazioni di comodo da parte delle compagnie aeree. E invece? Invece, chi segue un iter burocratico che dovrebbe essere normale ma normale non è, si ritrova davanti alla solita montagna di scartoffie da compilare, ricompilare, modificare, aggiungere ad altre precedenti. Per poi aspettare una risposta che magari non arriverà. Usare la strategia dell’estenuazione è mossa vincente, e lo dimostrano, di nuovo, le cifre. Sapendo che occorre mettere in conto ore di tempo, quando non giorni, per esercitare un proprio diritto, solo il due per cento dei passeggeri sporge reclamo, e poco più dello 0,5 ottiene qualcosa.

Altro punto interrogativo: e allora? E allora andiamo a ritroso di un anno, nel 2013, e spostiamoci in Thailandia. Lì si sta svolgendo Project Getaway, incontro annuale dove ci si scambia idee e nascono progetti in cui l’uso della Rete è di primaria importanza.
Forse il suo volo è arrivato in ritardo, forse è stato cancellato, o forse è il suo lavoro che ne fa un grande frequentatore di aeroporti, comunque sia, a Henrik Zilmer, imprenditore nell’universo delle startup tra cui Zalora.com, sito di abbigliamento maschile e femminile valutato un miliardo di euro, salta in mente di creare un servizio on line ad uso dei ventisei milioni di sventurati passeggeri su due ali. Nicolas Michaelsen, anche lui imprenditore, nell’ambito del marketing e dei social media, e Greg Roodt, tecnico di consolidata esperienza nelle applicazioni per startup, trovano geniale l’idea di Henrik. Insieme fondano Airhelp, sei uffici oggi nel mondo, di cui due in Europa, casa madre a Hong Kong.

L’italiano Danilo Campisi arriverà da lì a qualche mese in qualità di capo del marketing on line e responsabile per il nostro mercato. I primi finanziamenti all’operazione li mette Morten Lund, uno degli investitori storici su Skype, con quattrocentomila dollari. Sei mesi più tardi, nella Silicon Valley, dopo aver partecipato a Y Combinator, il più importante incubatore mondiale di startup (solo il 3% delle domande di adesione viene accettato) i fondatori di Airhelp si ritrovano con altri tre milioni di dollari. A distanza di un anno, il servizio è attivo in diciassette Paesi e dialoga con gli utenti in quattordici lingue; ha un Data Base assai complicato da copiare, in grado di tracciare tutti i voli del mondo e verificare se sono stati cancellati o ritardati; dispone di un gruppo di specialisti in materia, cui si aggiunge un team di avvocati nel caso si ritenga necessario portare in giudizio una compagnia di bandiera. Come funzionano le cose? Digitando http://www.getairhelp.com/it (in italiano), si attiva una procedura molto semplice, differenziata a seconda del tipo di rimborso chiesto (ritardo, cancellazione, biglietti venduti in eccesso). Airhelp si fa carico della pratica e, se si risolve positivamente, trattiene per sé il 25% della cifra. Se l’esito è negativo, nulla è dovuto dall’utente. Il settanta per cento dei reclami nasce da ritardi del volo, di essi il novanta per cento va a buon fine.

Al primo posto tra i pagatori troviamo la portoghese TAP, all’ultimo la polacca Eurolot. Il servizio illumina, poi, altri angoli bui. Parafrasando una famosa pagina de La settimana enigmistica, forse non tutti sanno che i reclami seguono il passeggero, e quindi non ha importanza se fosse in viaggio per l’azienda in cui lavora, e che i reclami hanno valore retroattivo fino a tre anni. Le cifre attuali quantificano in cinquantamila coloro che, finora, si sono rivolti a Airhelp. I possessori di Iphone o Ipad cercheranno Airhelp su Apple Store, o tramite il link https://itunes.apple.com/au/app/airhelp/id698136946?mt=8; chi naviga con Android andrà su Google Store, stessa app, o seguirà il link https://play.google.com/store/apps/details?id=eu.airhelp.mobile. L’app è attualmente in inglese, ma tra breve sarà disponibile anche nel nostro patrio idioma.

Le idee, come il web, si muovono senza sosta. E allora, i più previdenti, o ansiosi, dipende dai punti di vista, possono acquistare, novità recente, un’assicurazione per il volo cancellato o in ritardo, che a fronte di venti dollari di spesa ne rimborsa duecento. Ciò non significa escludere l’iter per il risarcimento nei confronti della compagnia. Infine, aspetto importante perché tutela le fasce di consumatori maggiormente esposte, Airhelp sta mettendo a punto un accordo con i principali tour operator del globo, impiegando il proprio Data Base e la propria formula assicurativa. Il meccanismo è semplice. I Tour Operator possiedono un Data Base con tutti i voli prenotati dai loro clienti. Quello di AirHelp include tutti i voli in ritardo o cancellati a livello mondiale. La comparazione tra i due DB permette agli operatori di viaggio di sapere quanti voli sono rimborsabili, per poi contattare i clienti e fornire così un servizio aggiuntivo. Che la pubblicità sia l’anima del commercio è cosa risaputa. Quella del sito di Zilmer e soci, però, non punta su poster giganti o pannelli scintillanti. Incollati ai piloni e alle pareti degli aeroporti, piccoli rettangoli verdi riportano la scritta «Dovrei sempre essere pagato per questo», seguita da simboli che sottintendono una sonora imprecazione, e da un invito «Rivolgiti a Airhelp, riprenditi i tuoi soldi». Messaggio semiclandestino che non guasta. E che ha il piacevole sapore di una vendetta attesa invano da troppo tempo.