Il «mondo di sotto» è in pieno fermento a Roma. Occupa, manifesta, discute e propone soluzioni organiche per il diritto alla città, quello alla casa e per le quattro delibere popolari sui beni comuni sulle quali la rete «Deliberiamo Roma» ha lanciato una sfida al consiglio comunale. Questa forma di intelligenza sociale, espressione di una partecipazione che intreccia l’attivismo politico con il protagonismo civico e i diritti fondamentali degli italiani e degli stranieri, si scontra contro un muro di gomma nella città di «Mafia Capitale». La prima emergenza è quella degli sgomberi. Ieri la rete «Diritto alla Città» che raccoglie decine di comitati e centri sociali della Capitale ha occupato l’assessorato al patrimonio.

Sotto minaccia di sgombero ci sono il Corto Circuito a Cinecittà, del Cinema Palazzo a San Lorenzo e il centro di sport e cultura popolare ScuP a San Giovanni. Allo storico centro sociale di Cinecittà, autogestito da 25 anni, l’amministrazione capitolina di Ignazio Marino chiede di pagare 580 mila euro di affitti arretrati entro 60 giorni. Una richiesta che gli attivisti hanno giudicato «pretestuosa». Una delegazione della rete è stata ricevuta dall’assessore Cattoi alla quale ha rinnovato la richiesta di «riconoscere e tutelare le nostre esperienze». Un nuovo incontro è stato fissato giovedì 29 gennaio, alle 14. Due ore dopo è prevista una manifestazione contro lo sgombero dello ScuP in piazza del Campidoglio.

Su questo spazio multi-funzionale, ricavato in una sede della motorizzazione civile in via Nola, occupato nel 2012 e già sgomberato una volta , è in atto da settimane una campagna sui social che ha mobilitato il quartiere di San Giovanni. I cittadini hanno aderito ad una campagna, facendosi ritrarre singolarmente o in gruppo con il cartello #iosonoscup. Chiedono un intervento risolutivo da parte del Comune di centro-sinistra. Questa esperienza è riuscita a coniugare servizi per la cittadinanza e numerosi progetti sull’economia sociale e condivisa. Nello stabile attrezzato c’è una palestra con corsi per bambini, adulti e anziani, un bar e un’osteria, una ludoteca, una web-radio, una biblioteca, un’aula studio, una scuola popolare di musica, uno sportello di ascolto psicologico, un mercato di artigiani e produttori che si svolge ogni prima domenica del mese.

Il 16 gennaio si è presentato l’ufficiale giudiziario. Per gli occupanti è l’annuncio dello sgombero previsto il 12 febbraio. «Abbiamo concepito lo spazio non come di spettanza esclusiva di un collettivo, ma come un luogo utile al territorio» dicono gli attivisti che respingono il tentativo di ridurre la loro esperienza ad un’emergenza per l’ordine pubblico. Sel Roma ha presentato un atto approvato all’unanimità dall’assemblea capitolina che impegna la giunta all’apertura di una trattativa con la proprietà. Tra le richieste c’è un tavolo sulle realtà occupate e autogestite a Roma.

Il fronte della casa resta caldissimo. Dopo 14 giorni di occupazione, gli attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare (Bpm e Coordinamento cittadino di lotta per la casa) sono stati sgomberati dall’Anagrafe. In attesa della manifestazione prevista a Roma sabato 31 continua la protesta contro l’articolo 5 del «Piano casa» che nega residenza, acqua e luce a chi occupa abusivamente uno stabile o un alloggio. Solo a Roma questa condizione interessa decine di migliaia di persone. Tre migranti, attivisti dei movimenti, sono stati rinchiusi nel Cie di Ponte Galeria. Oggi i movimenti non parteciperanno ad un tavolo interistituzionale e porteranno la loro solidarietà agli attivisti rinchiusi. «Quel centro di detenzione va chiuso immediatamente, chiediamo l’immediato rilascio dei reclusi».