Ancora condanne per le violenze di lunedì e l’aggressione del direttore delle risorse umane di Air France, da parte del primo ministro Manuel Valls, del presidente Hollande, del mondo politico e dei sindacati, ma contemporaneamente la volontà di voltare pagina il più in fretta possibile per riaprire il «dialogo» nella compagnia ed evitare il peggio, cioè una crisi economica che potrebbe anche portare alla scomparsa del gruppo.

Il giorno dopo, Valls si è recato a Roissy, ha denunciato i «teppisti» che hanno «umiliato» dei quadri dirigenti e Hollande è intervenuto sugli avvenimenti da Le Havre (dove ha varato un mastodonte del trasporto marittimo), preoccupato per «le conseguenze sull’immagine e l’attrattività della Francia» per le violenze che hanno fatto il giro del mondo.

Lo stato è chiamato in causa in prima linea, perché dopo la privatizzazione di Air France nel 2004 ha mantenuto una partecipazione del 17,6%. L’attuale direttore di gabinetto di Valls, Gilles Gateau, sostituirà a breve alla direzione delle risorse umane Xavier Broseta, aggredito lunedì (che avrà un altro posto di dirigente nella compagnia).

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Ma il governo non interverrà oltre «il sostegno della direzione nello sforzo di risanamento»: «la soluzione verrà prima di tutto dall’impresa stessa», ha precisato Valls a Roissy, invitando i piloti alla «responsabilità». Il primo ministro ha inoltre risposto alla destra, che ha soffiato sul fuoco della polemica che gonfia dopo l’aggressione di lunedì. Nicolas Sarkozy ha parlato di «chienlit» (baraonda), un termine diventato storico perché utilizzato dal generale De Gaulle per definire il Maggio del ’68. Valls, in parlamento, ha parlato di «parola pericolosa» e accusato la destra di voler «rimettere in causa i corpi intermedi, i sindacati, l’indipendenza della giustizia».

Per il primo ministro, che ha incontrato dei rappresentanti sindacali a Roissy (Cfdt, Cgc e Cgt) e ricordato che dei sindacalisti avevano protetto i dirigenti aggrediti, «il dialogo sociale è indispensabile e non si può confondere il sindacato e i sindacalisti con quello che è successo» lunedì. Christian Paul, deputato socialista appartenente alla «fronda» critica del governo, ha spiegato che, dopo aver detto che «non si può giustificare la violenza» bisogna poi «interrogarsi sul perché siamo arrivati a questo punto», con un’esasperazione causata dal piano di licenziamenti annunciato brutalmente dalla direzione di Air France.

Intanto, è stata aperta un’inchiesta giudiziaria sui fatti. Un portavoce di Air France ha fatto sapere che una volta identificati, i responsabili dell’aggressione saranno licenziati. Ma governo, direzione e sindacati adesso parlano tutti di ritorno al dialogo.

Air France è in una situazione molto difficile.

Da quando è arrivata la nuova direzione nel 2011, con alla testa Alexandre de Juniac, circa 10mila dipendenti hanno perso il lavoro (oggi sono 64mila, di cui 4mila piloti), nelle varie ondate di ristrutturazione, dopo i 3mila tagli del 2008, primo anno di bilanci in rosso.

Adesso, con il «piano B» gettato in faccia ai dipendenti in questi giorni, nel mirino ci sono altri 2900 tagli, che per la prima volta nella storia della compagnia non saranno solo più dimissioni volontarie ma anche licenziamenti brutali. Riguarderanno 300 piloti (soprattutto i più giovani, che volano sugli A320), 700 nel personale navigante e 1900 a terra. Ci sarà una riduzione del 10% dei voli di lunga distanza, il 50% dei quali sono in rosso, una diminuzione delle frequenze dei voli a breve e media distanza e un taglio alle spese, a partire dalla rinuncia dell’acquisto di nuovi aerei (è stata annullata l’ordinazione di 14 Boeing Dreamliner per un risparmio di 1,4 miliardi di euro).

[do action=”citazione”]Air France chiude da sei anni il bilancio in deficit.[/do]

Ai piloti, accusati di essere troppo cari rispetto alla concorrenza, è stato chiesto di lavorare più ore (2 la settimana), senza aumento di stipendio. E’ stato il rifiuto di questa proposta da parte dei piloti ad accrescere la tensione.

I lavoratori e i sindacati delle diverse categorie si sono divisi, come lo erano già stati un anno fa, con lo sciopero di 14 giorni dei piloti, il più lungo della storia di Air France, contro la creazione della compagnia low cost Transavia e l’imposizione di condizioni di lavoro al ribasso anche per quelli di Air France. La brutalità della direzione, però, con l’annuncio improvviso di altri 2900 licenziamenti, ha permesso di ritrovare un’unità sindacale, al di là dell’esplosione di violenza di lunedì.