Il Pentagono l’altro ieri comunicava di aver colpito con i droni un campo di addestramento gestito dai miliziani di al Shebab uccidendone oltre 150. Ieri è arrivata la smentita “ufficiale” dell’organizzazione islamista somala, con una telefonata alla redazione di al Jazeera.

«Gli americani sognano – ha detto Abdulaziz Abu Musab, portavoce dell’ala operativa di al Shebab -, non siamo così stupidi da concentrare tanti uomini in un unico solo». Gli islamisti ammettono che la base di Raso, nel sud della Somalia, è stata oggetto di ripetuti attacchi da parte dei droni statunitensi, ma sostengono che i numeri comunicati lunedì dal Dipartimento alla Difesa Usa «sono bugie».

Per il portavoce del Pentagono, Jeff Davies, nel campo colpito i militanti venivano addestrati per «operazioni su larga scala» e una di queste era in preparazione: bersaglio le truppe internazionali che combattono al Shebab nel tentativo di sostenere il debolissimo governo riconosciuto dalla comunità internazionale.

I soldati dell’Amisom, la missione militare interafricana e gli stessi statunitensi sono acquartierati nella base dell’aeroporto di Belidogle, a 130 km di distanza dal campo bombardato. E quella di attaccare le basi “straniere” è ormai una delle strategie consolidate dei ribelli. L’ultimo caso lo scorso 15 gennaio, quando un commando di al Shebab ha attaccato e conquistato una base Amisom a El Adde, nel sud-ovest somalo, uccidendo alcune decine di soldati kenyani.