C’è almeno un luogo al mondo in cui in queste ore la nomina di Angelino Alfano a ministro degli Esteri è probabilmente salutata se non con soddisfazione almeno con gratitudine: Astana, capitale del Kazakistan governato dal dittatore Nursultan Nazarbayev che all’ex titolare degli Interni deve la deportazione in patria di Alma e Alua Shalabayeva, rispettivamente moglie e figlia del dissidente Miktar Ablyazov. Era il maggio del 2013 e nei giorni del duplice sequestro di persona – condannato anche dalla Cassazione che nel 2014 parlò di operazione viziata da «manifesta illegittimità» – Alfano permise che funzionari dell’ambasciata kazaka girassero tra gli uffici del Viminale dando ordini come se fossero i padroni di casa.

Chiamato dal parlamento a rispondere di quei fatti , il ministro spiegò di non aver saputo che obiettivo di quel maldestro blitz di polizia – per il quale la procura di Perugia si prepara a chiedere il rinvio a giudizio di 11 persone tra i quali funzionari di polizia di alto grado, il giudice di pace che autorizzò l’espulsione e tre diplomatici kazaki – non c’era solo il dissidente tanto odiato da Nazarbayev ma anche le due donne.

Del resto la carriera di Alfano è piena di «non sapevo» o di dichiarazioni a di poco imprudenti. Nel 2002, ad esempio, Repubblica pubblicò una foto dell’estate del 1996 in cui Alfano partecipava al matrimonio della figlia di un noto mafioso di Palma Montechiaro. Dopo aver tentato di smentire, ammise che sì, aveva partecipato al matrimonio, ma su invito dello sposo. Oppure nel 2014 quando, sempre in parlamento, dovette giustificare le violenze compiute dalla polizia a Roma contro gli operai della Ast di Terni.

Alla Camera fornì una fragile ricostruzione dei fatti che venne smentita platealmente dalle telecamere di Gazebo. Infine nel luglio scorso quando, dopo la strage di Nizza, annunciò un’operazione di polizia in Puglia contro un presunto complice dei terroristi. Peccato che l’uomo in questione era stato arrestato tre giorni prima dalla polizia francese. In compenso ad Alfano non sono mai mancati appoggi e amicizie importanti, oltre alla capacità di rendersi indispensabile per la sopravvivenza dei governi – Letta e Renzi – ai quali ha fornito il suo appoggio.

Ora che è ministro degli Esteri si ritrova tra le mani non pochi dossier e appuntamenti delicati per l’Italia. Si va dal caso Regeni all’immigrazione, dalle sanzioni contro la Russia al G7 di maggio e, forse, al G20 di luglio. Insieme ai rapporti con la nuova amministrazione americana, verso la quale ha almeno il vantaggio di non essersi schierato con Hillary Clinton. Sempre ammesso che Gentiloni gli consenta di gestirli in prima persona.