Undici mesi fa l’ingresso della Russia nel conflitto siriano al fianco del presidente Assad fece presagire a molti osservatori un’escalation. Ma la successiva avanzata governativa cambiò gli equilibri diplomatici tanto da aprire ad una possibile soluzione politica. Niente di più sbagliato: ad un anno di distanza la guerra morde, se possibile più di prima.

La battaglia si concentra a nord. Cuore del conflitto è Aleppo, dal 2012 terreno di scontro e da mesi considerata la città che potrebbe determinarne il risultato. Le ultime settimane sono state segnate dal sangue, versato per mano di tutti gli attori del conflitto. In mezzo la rinascita di al-Nusra, da braccio qaedista a gruppo indipendente.

Al neonato Jabhat Fatah al-Sham ha risposto ieri il rivale Stato Islamico che ha pubblicato in rete un video in cui minaccia la Russia: il “califfato” fa appello alle sue cellule perché attacchino Mosca.

Nelle stesse ore un elicottero russo veniva abbattuto nel nord della Siria, nella provincia di Idlib. I cinque uomini a bordo sono rimasti uccisi, fa sapere il Cremlino che aggiunge che il velivolo stava tornando da Aleppo dopo la consegna di aiuti umanitari.

Per ora nessuna rivendicazione ma il responsabile potrebbe essere Fatah al-Sham, la nuova al-Nusra, che da tempo occupa quasi del tutto la provincia e che – grazie agli ingenti rifornimenti di armi dal Golfo – possiede l’equipaggiamento militare necessario a simili azioni.

La guerra è totale e si accompagna alla reazione del fronte delle opposizioni, composita galassia che va dagli evanescenti moderati dell’Esercito Libero Siriano ai salafiti di Ahrar al-Sham fino ai qaedisti (ex solo di facciata): all’amnistia proposta da Assad a chi abbandoni le armi e lasci Aleppo, la risposta è il lancio di una nuova offensiva anti-governativa volta a spezzare l’assedio della città, completamente circondata da Damasco la scorsa settimana con la chiusura dell’ultima via di rifornimento dei ribelli.

Già domenica erano decine le vittime su entrambi i fronti quando i ribelli hanno tentato di assumere il controllo della scuola di al-Hikah, usata come base dall’esercito governativo, e alcuni checkpoint militari a sud e ovest.

I più attivi sono i gruppi islamisti, a riprova della marginalizzazione dei moderati: Ahrar al-Sham (milizia salafita considerata attore legittimo del negoziato, nonostante l’alleanza militare con la ex al-Nusra) ha lanciato i propri uomini al fianco di Fatah al-Sham di al-Jolani nell’obiettivo di aprire una nuova via di rifornimento. Sul campo, insomma, la possibile rete islamista immaginata da al-Jolani quando ha rotto con al Qaeda, potrebbe concretizzarsi presto. Ad Aleppo, ovviamente.

Ad accompagnare la controffensiva, secondo l’Esercito Libero, ci sono centinaia di abitanti di Aleppo: manifestanti stanno dando fuoco a copertoni per creare una no-fly zone “dalla base”. Il fumo nero che si solleva dai quartieri assediati limita la visibilità ai jet del governo e di Mosca.

Sono i civili intrappolati, 300mila residenti dei quartieri orientali quasi privi di cibo e medicinali. Per loro Mosca e Damasco hanno promesso venerdì l’apertura di corridoi umanitari, ma le testimonianze sono contradditorie: secondo alcuni non si esce a causa dei raid aerei, secondo altri alcune famiglie sono riuscite nell’impresa.