Il 2015 sarà un anno da incubo per gli archivi e le biblioteche italiane. La dismissione delle province metterà a rischio a centinaia in tutta italia, anche perché non sono stati ancora identificati gli enti che dovrebbero gestirli. A pochi giorni dalla fine dell’anno da Napoli è stata lanciata «A chi compete la cultura?», un’iniziativa con la quale l’Associazione Italiana Biblioteche (Aib), l’Associazione Nazionale Archivistica italiana (Anai), il coordinamento permanente di musei archivi e biblioteche (Mab) e l’Icom Italia cercano di richiamare l’attenzione su questa emergenza drammatica. Un «manifesto appello», con raccolta firme, verrà presentato al governo Renzi e alle regioni. I rappresentanti dei musei e delle biblioteche cercheranno in questo modo di portare alla luce gli squilibri e i veri pericoli che la le cosiddetta «Legge Delrio» (56/2014) comporta.

L’indifferenza per le sorti del patrimonio librario e archivistico italiano da parte dei governi dell’austerità, compreso anche quello presieduto da Renzi che vede Dario Franceschini alla guida del Ministero dei beni culturali e del turismo (Mibact), sta facendo fibrillare l’intera architettura delle istituzioni e degli esperti. Pochi giorni prima del Natale, tutti i presidenti delle associazioni degli storici italiani hanno rivolto a Franceschini un appello accorato. Giuseppe Petralia (Sismed), Marcello Verga (Sisem), Agostino Giovagnoli (Sissco) e Isabelle Chabot (Sis) hanno espresso «una forte preoccupazione per il progressivo, grave degrado del sistema archivistico-bibliotecario italiano». I tagli delle risorse hanno più che dimezzato il personale più anziano d’Europa (età media superiore ai 58 anni). Il blocco del turn-over e delle assunzioni ha moltiplicato a dismisura il precariato e il lavoro quasi gratuito. La drastica diminuzione delle risorse ha spinto a dimezzare l’orario di apertura e alla chiusura di settori fondamentali come le emeroteche della Biblioteca nazionale di Firenze e in quella di Roma.

Viene anche denunciato il dramma dell’Archivio centrale dello Stato all’Eur di Roma, il più importante per la storia dell’Italia contemporanea. Da anni subisce una restrizione degli spazi mentre la documentazione viene trasportata in un magazzino a Pomezia. Il ventilato trasloco del museo di arti orientali dall’Esquilino all’Eur peggiorerà la situazione, aggravando il peso dell’affitto che il Mibact verserà all’Ente Eur che possiede l’edificio dell’Archivio Centrale (da 700mila euro a 2,2 milioni all’anno, vedi Alias, 7 novembre 2014). Gli storici denunciano inoltre l’uso del budget destinato agli archivi che viene invece usato per pagare gli affitti e chiedono una politica di riuso delle caserme e edifici pubblici abbandonati. Chiedono infine che la riforma del Mibact non penalizzi gravemente l’intero sistema «perché non sono in grado di offrire ritorni economici dei servizi da loro offerti». Argomenti, e denunce, di una situazione drammatica. Per Mario Guarany, nuovo direttore generale per gli Archivi, è una montagna da scalare.