È stata rinvenuta «suicida» con «colpi di fucile alla testa», lo scorso 27 agosto, nella sua casa nel villaggio di Chajki (regione di Kiev), Valentina Semenjuk Samsonenko, tre volte deputata ed ex presidente del Fondo delle Proprietà statali dell’Ucraina.

L’ex speaker della Rada Aleksandr Moroz l’aveva incontrata solo due giorni prima e lei gli aveva parlato della lista delle imprese statali da privatizzare che avrebbe presentato a Poroshenko nei prossimi giorni.
Non si è dovuta attendere la scientifica di Csi per riformulare presto l’ipotesi in omicidio premeditato. La guerra totale degli oligarchi ucraini per accaparrarsi quanto rimane delle imprese statali va avanti e mentre il loro «comitato d’affari» a Kiev manda le truppe a bombardare le regioni industriali del sudest, loro si occupano di eliminare chi ne denuncia le rapine o i concorrenti di malaffare. Pochi giorni prima di morire, la Samsonenko aveva dato un’intervista alla tv Rossija24, in cui affermava che l’attuale guerra nel sudest è solo «il fuoco d’artiglieria preparatorio» in vista delle «guerre tra oligarchi» per la spartizione delle imprese ancora statali.

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Lei stessa era stata sostituita al vertice del Fondo delle Proprietà statali con Dmitrij Parfenenko, uomo di Julija Timoshenko, «duttile ed esperto per condurre una privatizzazione in sordina, senza un’inventario dei beni statali e che aveva riscritto le condizioni di privatizzazione di Krivorizhstal», aveva detto la Samsonenko nell’intervista. E aveva anche parlato del ruolo di Igor Kolomojskij (oligarca, sponsor di Pravyj sektor e governatore della regione di Dnepropetrovsk, in cui si trova Krivoj rog, la città sede del colosso metallurgico Krivorizhstal) nell’affare e del suo coinvolgimento nell’assassinio, lo scorso 29 luglio, del Sindaco di Kremenchug, Oleg Babaev, che aveva sollevato dubbi sulla scalata di Kolomojskij a Ukrnafta.

È dunque uno scenario di terrore sempre più tetro quello che sta vivendo la popolazione ucraina. E se gli omicidi sono il prezzo che sta pagando il resto del paese, mentre il sudest viene decimato, il pugno del nuovo governo di Kiev colpisce in ogni direzione. Canali tv oscurati; siti web chiusi; collegamenti con canali tv russi vietati. E ancora: deputati della Rada suprema zittiti nei loro interventi e altri picchiati in strada, «non importa a quale partito appartengano, basta che siano contrari al corso verso la Ue», dice un cronista del canale Novostinovostej del Donbass. E poi operatori tv morti «misteriosamente» o spariti nel nulla; parlamentari «avvertiti» con maniere forti. E, dopo lo scioglimento forzato della frazione parlamentare del Partito comunista ucraino (Pcu), continui arresti di dirigenti e attivisti (torturati e seviziati in carcere, come testimoniano immagini dal sito del Pcu) e ripetute manovre per mettere definitivamente fuori legge il Partito comunista.

Questa è la democrazia ucraina che Nato e Unione europea difendono dalla «invasione» russa. Una democrazia che lascia esterrefatti; non certo stupiti: quando si invia l’esercito – e, in avanscoperta, le bande naziste mercenarie – a bombardare scuole, ospedali, case del proprio Paese, non può esserci altra «democrazia». È ciò che aveva detto ieri l’altro la deputata del Partito delle regioni, Elena Bondarenko, prima di essere zittita per «propaganda prorussa» dallo speaker della Rada Aleksandr Turcinov (sostenitore di quella Julija Timoshenko «le cui forze si rianimeranno in autunno nella guerra tra oligarchi», come ha detto un altro deputato) con un hitleriano «si metta in ginocchio di fronte al nostro esercito».

Come scriveva un mese fa RIA Novosti «l’Ucraina, nella sua forma attuale, è il risultato della lotta tra gruppi oligarchici, attraverso cui si è formato il capitale originario e ci si è spartiti la proprietà sovietica; tutto è passato attraverso clan regionali. Quando questo sistema è crollato, grazie proprio a quegli stessi oligarchi, è iniziata la ripartizione della proprietà».