Persino la neve è rosso sangue in Crimson Peak, un dream project che Guillermo Del Toro covava fin dai tempi de Il labirinto del Fauno, e che non a caso riporta il grande fantasista messicano trapiantato a Hollywood ai progetti personalissimi che hanno lanciato la sua carriera. Solo su scala molto, molto, più grande e sfarzosa. Come spesso succede con Del Toro, il film è un colto, denso, intreccio di gotico letterario e cinematografico, filtrato dai cromatismi lisergici della Hammer anni sessanta e di Mario Bava; un melodramma all’emoglobina che echeggia l’hitchcockiano Rebecca e Edgar Allan Poe rivisto da Roger Corman, i romanzi di Edith Wharton e le stanze terrorizzanti della Haunted House dei parchi Disney –perché la casa che dà il titolo al film è un personaggio vivo, pulsante, come quelli in carne ed ossa.

La loro grande qualità pittorica è una delle cose che rende i film di Guillermo Del Toro immediatamente riconoscibili, anche nella loro temperatura emotiva, ed è una qualità la cui bellezza, in Crimson Peak raggiunge livelli struggenti. Con i colori, le luci, le texture delle superfici e movimenti di macchina lenti e ipnotici, il film ti risucchia subito in un viaggio nel tempo.

Siamo a Buffalo, a nord di New York, all’inizio del secolo scorso. Diversamente dalla sue coetanee a caccia di marito, Edith Cushing (Mia Wasiwoska), che ogni tanto riceve visite dal fantasma di sua madre e che ha un papà che rispetta la sua indipendenza, è decisa a diventare una scrittrice. Ma, con grande sorpresa del padre, e di un giovane dottore che la ama senza dirlo, questa luminescente Jane Austen del Nuovo mondo, viene folgorata dall’apparizione di un malinconico, vagamente tenebroso, nobile inglese, Thomas Sharpe (Tom Hiddleston). In poche scene, tra cui un ballo molto bello in cui l’attrazione erotica della giovane coppia viene sublimata nella fiamma di una candela che non lasciano spegnersi mentre danzano, Del Toro tratteggia il contrasto jamesiano tra la fibra energica dell’ aristocrazia capitalista americana e quella spenta, dell’aristocrazia di sangue europea.

Non a caso, Sharpe è qui a chieder soldi per finanziare una macchina fabbrica mattoni che gli permetterà di sfruttare l’argilla vermiglia su cui è costruito il suo unico bene, le decrepita magione di famiglia. Quando gli dicono no – il progetto sembra troppo simile a un sogno – lui passa al piano B, seducendo l’ereditiera più avventurosa di tutte. E l’eventuale ostacolo costituito da papà Cushing scompare quando il vecchio signore viene trovato con la testa fracassata contro un lavandino di porcellana candida. Anche l’aquilina sorella di Thomas (Jessica Chastain) ha dei dubbi – «non è adatta», gli sibila, parlando della futura sposa americana ma lui non la ascolta. Perché forse sotto sotto la ama sul serio. Cut e siamo dall’altra parte dell’oceano.

Quando Del Toro rivela ai nostri occhi, e a quelli di Edith, Crimson Peak lo fa con l’orgoglio di un padre. Il «patrimonio» degli Sharpe è un’enorme casa vittoriana con un gigantesco buco nel tetto da cui entrano uccelli e intemperie, circondata da una brulla, gelida, distesa rosso sangue (la terra grazie a cui Thomas spera di resuscitare lo status di famiglia è infatti completamente sterile).

Non scendere mai in cantina, dice Thomas a Edith, con un’aria da Barbablù. Ma, in breve, dai corridoi bui, arrivano a salutare la nuova arrivata anche dei fantasmi. Edith «comunica» con la casa e i suoi macabri contenuti, in modo speciale, un po’ come la bambina del Labirinto del Fauno. Forse, oltre al sangue yankee, la sua luccicanza deriva dalla passione per la letteratura, sembra suggerire Del Toro che non rinuncia mai a mettere nei suoi film – insieme al gore, ai robot, ai vampiri e ai mostri grazie a cui Hollywood spera gli renda centinaia di milioni di dollari conquistando il pubblico di Comicon – i romanzi gotici, i quadri simbolisti e la filosofia decadente che ama così tanto. Non importa se non tutti li riconoscono. Romantico, violento, inclassificabile e chiaramente personalissimo, Crimson Peak è una magnifica contraddizione in termini, un blockbuster «alto».