Via libera alla «bad bank» all’italiana dove confluiranno i crediti inesigibili che rappresentano circa il 20% del Pil del nostro paese. Ieri la Commissione Europea ha ratificato l’accordo raggiunto dal Commissario Margrethe Vestager e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan il 26 gennaio scorso. Un passaggio tecnico necessario affinché il consiglio dei ministri, riunitosi ieri in serata, potesse varare il relativo decreto. L’accordo ha permesso di non considerare la cancellazione dei prestiti in sofferenza dai bilanci delle banche come «aiuti di Stato». Il piano sarà remunerato «in linea con le condizioni di mercato per il rischio assunto, concedendo una garanzia sui prestiti cartolarizzati in sofferenza». Analoghe misure sono state autorizzate per l’Ungheria.

«Queste decisioni ha dichiarato il commissario Vestager – dimostrano che la normativa della Ue mette a disposizione degli Stati membri vari strumenti per avviare il risanamento dei bilanci delle banche, con o senza il ricorso agli aiuti di Stato. La Commissione, in un questo contesto, si limita a garantire che le misure scelte dai Governi nazionali non producano un eccessivo aggravio sulla spesa pubblica o una distorsione della concorrenza nella Ue».

L’operazione punta a ridurre una parte dei 200 miliardi di crediti morosi presenti nelle banche italiane. Si pensa di ridurre questa massa monetaria a meno di 90 miliardi. Il piano del governo punta inoltre a creare una garanzia statale attraverso l’emissione di nuovi titoli obbligazionari che ricomprenderanno – in una nuova forma – i crediti «tossici». Lo Stato italiana garantirà solo le cartolarizzazioni più sicure. Non si potranno rimborsare i titoli più rischiosi senza prima avere rimborsato quelli garantiti dallo stato.

Le garanzie potranno essere richieste dalle banche che cedono questi titoli «sofferenti» in cambio del pagamento di una commissione da parte del ministero dell’Economia determinata sul prezzo di mercato. Tale prezzo sarà calcolato in base ai «Credit default swap» (Cds), le assicurazioni contro il mancato pagamento dei titoli in garanzia. Il prezzo crescerà nel tempo, una misura presa per accelerare la vendita e recuperare i crediti. La previsione è mettere in movimento 70 miliardi di crediti in sofferenza nei prossimi anni.

«Le decisioni – ha dichiarato il commissario Vestager – dimostrano che la normativa della Ue mette a disposizione degli Stati membri vari strumenti per avviare il risanamento dei bilanci delle banche, con o senza il ricorso agli aiuti di Stato. La Commissione, in un questo contesto, si limita a garantire che le misure scelte dai Governi nazionali non producano un eccessivo aggravio sulla spesa pubblica o una distorsione della concorrenza nella Ue».

Per il vice-presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis «elevati livelli di sofferenze in alcuni Stati membri stanno gravando sui bilanci delle banche e ostacolando la loro capacita’ di concedere prestiti a imprese e famiglie. L’obiettivo della misura adottata è quello di «attrarre un’ampia gamma di investitori, incentivare le banche a recuperare i prestiti in sofferenza nel più breve tempo possibile e incrementarne la liquidità».

Le difficoltà in cui si muovono le banche in Italia hanno prodotto 15 miliardi di euro in meno di prestiti alle imprese nel 2015 secondo i dati diffusi dalla Cgia di Mestre. Effetti pesanti per l’economia reale che, nei prossimi mesi, potrebbero addirittura registrare un peggioramento della situazione».

La Cgia ricorda che nel dicembre 2014 le imprese italiane avevano in essere dal sistema bancario 900,8 miliardi di euro di prestiti: un anno dopo lo stock complessivo è sceso di 15,1 miliardi raggiungendo quota 885,7 (-1,7 per cento). Nello stesso periodo, invece, le sofferenze riconducibili alle aziende sono passate da 145,7 a 159,2 miliardi di euro (+9,2 per cento). «Purtroppo la stretta creditizia – sostiene il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo- non si è ancora esaurita e rispetto a quando è iniziata c’è una grossa novità. Se all’inizio della crisi molte piccole aziende rifiutate dai grandi istituti di credito cercavano aiuto presso le Banche di credito cooperativo o i Confidi, adesso anche queste realtà faticano a fungere da sportello-rifugio, perché anch’esse in difficoltà».