«Abbiamo un sacco di cose da fare e non abbiamo tempo da perdere in polemiche. Quello che dovevo dire l’ho detto». Alla vigilia della celebrazioni dell’8 marzo – due quelle che si terranno domani in una Montecitorio ’a porte aperte’ – Laura Boldrini chiude la polemica con Renzi, arrivata ormai all’ennesima puntata nell’intervista rilasciata dal premier all’Espresso in cui accusa la presidente della Camera di essere uscita «dal suo perimetro di intervento istituzionale» e anche di essere, con il segretario della Fiom Maurizio Landini, la futura leader di un nuovo partito a sinistra del Pd. Tesi fantasiosa, almeno per quanto riguarda Boldrini, formulata con l’evidente intento di screditare le dure parole che Boldrini ha pronunciato contro il mancato rispetto delle camere sui decreti del jobs act, approvati dal governo senza tenere conto dei rilievi delle commissioni parlamentari. Ieri polemiche contro Boldrini anche da alcune deputate di destra, contrarie all’invito della presidente di usare, nel linguaggio parlamentare, «le forme corrette, ossia secondo il genere della persone cui si riferiscono». Boldrini ha pazientemente replicato citando la grammatica che «ci dice di declinare al femminile, il problema è solo di resistenza culturale. Il suono del linguaggio al femminile appare talvolta cacofonico perché non si è mai sentito prima. Ma dobbiamo abituarci»