Quaranta giorni di sconto sulla pena e 3.840 euro a mo’ di risarcimento del danno, per essere stato recluso per 880 giorni in una cella del carcere di Firenze-Sollicciano senza quei requisiti minimi imposti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a tutela della dignità dei detenuti. Corte che tra qualche mese, a giugno prossimo, metterà di nuovo l’Italia sotto la lente di ingrandimento per valutare se sussistano ancora le condizioni che portarono alla condanna pilota cosiddetta «Torreggiani» dell’8 gennaio 2013.

Non è la prima volta che un tribunale – in questo caso il magistrato di sorveglianza di Firenze, Susanna Raimondo – riconosce a un detenuto costretto a vivere in uno spazio a disposizione, al netto degli arredi, che si aggira tra i 3 e i 4 metri quadri, «in violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu», il rimedio previsto dall’articolo 35 dell’ordinamento penitenziario inserito dal legislatore nel 2014 come meccanismo compensatorio, su richiesta dalla stessa corte di Strasburgo. Risale al settembre 2014, infatti, il primo risarcimento in favore di un detenuto del carcere di Ferrara. «In Emilia Romagna è accaduto più volte – racconta Franco Maisto, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna – però c’è una parte della magistratura, sia pur minoritaria, che tende ad interpretare in modo restrittivo i requisiti necessari per accedere ai risarcimenti previsti dalla legge 117/2014, tanto che si sta pensando anche di riscrivere in modo più chiaro la norma». «In Toscana finora c’erano stati solo rigetti, speriamo che questa ordinanza faccia da apripista», commenta il garante dei detenuti regionale, Franco Corleone.

Uno dei punti più controversi del meccanismo di compensazione voluto dal Guardasigilli Orlando per evitare una serie infinita di ricorsi davanti alla Corte europea dei diritti umani è la cosiddetta «attualità del pregiudizio», sulla quale si attende prossimamente il pronunciamento della Cassazione. Non è interpretato univocamente neppure quale sia il giudice – se quello civile o il magistrato di sorveglianza – a cui presentare ricorso, quando il ricorrente è ormai un ex detenuto.

Nel caso fiorentino, il magistrato Susanna Raimondo, accogliendo la richiesta di un uomo di 44 anni condannato nel 2011 per reati legati agli stupefacenti, ha riconosciuto la violazione dei diritti umani commessa a Sollicciano malgrado l’amministrazione penitenziaria del carcere non abbia risposto – come spesso avviene – in modo preciso ed esaustivo alle richieste di chiarimento del giudice riguardo le attività trattamentali offerte al detenuto.

Perché, come si legge nell’ordinanza, se a disposizione di ciascun recluso c’è uno spazio inferiore ai 3 mq, deve essere considerata violata la giurisprudenza della Corte europea e il trattamento inumano e degradante è da ritenersi accertato. Se invece lo spazio vitale è superiore ai 3 mq ma inferiore ai 4 mq, «vanno valutati altri aspetti delle condizioni carcerarie quali ad esempio il rispetto o meno delle esigenze sanitarie di base, l’aerazione disponibile, le attività trattamentali praticate, l’accesso alla luce e all’aria naturali, la possibilità di permanere in spazi aperti per un congruo numero di ore».

Peraltro, scrive Raimondo, «va considerato che nella determinazione dello spazio fruibile deve essere detratto l’ingombro costituito dal mobilio fisso mentre non devono essere scomputati gli arredi rimovibili, come sgabelli o tavolini. Anche la superficie del letto è ininfluente, essendo utilizzato per distendersi di giorno e per dormire la notte e dunque rientrante nello spazio concretamente disponibile dal detenuto».

«L’ordinanza di Raimondo rappresenta un barlume di lucidità nella giustizia italiana: speriamo che a questa sentenza ne seguano altre e che si riesca a compensare la totale inerzia delle istituzioni, nazionali e locali», commentano i Radicali fiorentini sottolineando l’iniziativa della segretaria del partito, Rita Bernardini, che «è in sciopero della fame proprio per ricordare il messaggio alle Camere del presidente Napolitano (ottobre 2013, ndr)».

Anche Marco Pannella è intervenuto ieri di nuovo sulla questione da Radio Radicale, annunciando iniziative nonviolente per «chiedere immediatamente amnistia e indulto». Provvedimenti tesi, sostiene Pannella, soprattutto a «salvare Cesare». Perché, «come aveva previsto Napolitano nel suo messaggio alle camere, senza provvedimenti come amnistia e indulto, sarebbe proseguita la condizione tecnicamente criminale, direi assassina e torturatrice, di Cesare, dello stato italiano».