Quattro anni (e qualche giorno) dopo il “whatever it takes” di Mario Draghi, l’ormai celebre pronunciamento londinese a sostegno dell’euro fatto dal governatore della Banca centrale europea, lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi ieri si è attestato a quota 119. Soprattutto con un rendimento del Buono del tesoro decennale che ha ritoccato il minimo storico, e che si è fissato all’1,09%. Una notizia. Per dare un’idea, nel luglio del 2012 lo spread Btp/Bund era oltre i 500 punti, per l’esattezza a 518. E il rendimento dei titoli decennali italiani era al 6,50%. Anche considerando l’inflazione che in Italia era del 3,1%, significava un interesse reale del 3,4%. E negli anni a seguire poi l’inflazione è progressivamente scesa. A precipizio.
L’annuncio del luglio 2012 governatore Draghi, così come ha calcolato la Commissione Ue in uno studio dedicato all’Eurotower di Francoforte, fece scendere subito di oltre 84 punti base i rendimenti sui titoli italiani a due anni. Da allora lo spread Btp/Bund è sceso costantemente. Lascia così perplessi la ricostruzione operata da Mario Monti, in risposta a Matteo Renzi, sul mancato salvataggio del Monte dei Paschi grazie a un temporaneo intervento pubblico. Sul quale peraltro Renzi all’epoca era, al pari di quasi tutto il Pd bersaniano, non certo favorevole.
“Se avessimo sostenuto Mps con fondi dello Stato – sostiene comunque Monti, all’epoca presidente del consiglio – avremmo aggravato la già precaria situazione dello Stato medesimo, con il probabile default”. Nel mentre però, fra i detentori di capitale piccoli e grandi, era partita una corsa al Btp italiano, visto il rendimento al 6,50%. Quale default? La narrazione dominante di un’Italia “come la Grecia” mostrava già allora la corda. Ancor di più dopo l’intervento di Draghi, che a quattro anni di distanza, e anche grazie al “quantitative easing”, ha fatto sì che il rendimento dei Btp abbia toccato il minimo storico. Così il Tesoro ha collocato 6 miliardi di titoli ad un anno con un tasso al -0,19%. Mentre i Bonos spagnoli decennali hanno sforato al ribasso la soglia dell’1%, e l’Austria in asta di titoli pubblici si è finanziata a meno 0.073%. Entrambi, come il Btp italiano decennale, con un ritocco al ribasso dei minimi storici.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle banche. Anche se Atlante II ha raccolto 1,715 miliardi, superando la dimensione minima per l’avvio della sua attività, secondo molti addetti ai lavori la dotazione è ancora insufficiente per aiutare il Monte dei Paschi a risolvere il problema dei suoi crediti deteriorati. Nel frattempo è iniziato il conto alla rovescia per la vendita di Banca Etruria e degli altri tre istituti (Banca Marche, CariChieti e CariFerrara) messi in risoluzione. Il 30 settembre prossimo, ha stabilito la Ue che ha prorogato già una volta il termine, le quattro banche dovranno essere vendute. Ma ad oggi nessuno sembra interessato ad offrire per l’acquisto un prezzo superiore al 35% del valore stimato. “Questo implicherebbe delle perdite rilevanti – osserva in proposito Vincenzo Comito – per diversi istituti coinvolti a suo tempo nell’operazione di salvataggio delle stesse e dei loro obbligazionisti subordinati”. Altre nubi all’orizzonte.