Mia moglie ha un nome bellissimo e antico: Filomena, eppure a lei non piace per niente e fin da bambina s’è sempre fatta chiamare Nuccia; tanto che se uno le urla dietro «Filomenaa!!» quella manco si gira. Che Nuccia poi, potrebbe benissimo essere il diminutivo di almeno un’altra dozzina di nomi propri… vabbè, contenta lei. Filomena Di Giovanni quindi, detta Nuccia.

Sia come sia, a parte il sottoscritto che quando litighiamo la chiama così per farla arrabbiare, Filomena non la chiama mai nessuno. Facciamo allora questa ipotesi: Nuccia traduce il Mein Kampf in napoletano e lo pubblica con illustrazioni porno, vende ottocentomila copie e Salvini se l’accaparra per le prossime elezioni… a quel punto è logico che sulla scheda elettorale venga così stampato: «Filomena Di Giovanni detta Nuccia». Ci sta. Sennò manco uno dei suoi ottocentomila nazi-porno-lettori la riconosce.

In politica d’altronde diminutivi, vezzeggiati, soprannomi e scontranomi sono da sempre all’ordine del giorno: da Giacinto Pannella detto «Marco» all’ex presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro detto «Giggino ‘a purpetta», da Giuseppe Conte detto «Giuseppi» a Salvatore Cuffaro detto «Totò vasa vasa», a Vittorio Sgarbi detto «Vitto’ gratta gratta».

E così la Legge va incontro al candidato e dice, ok, il tuo nome è Mimì ma tutti ti chiamano Lucia? Perfetto: sulla scheda ci mettiamo «detto Lucia» e il voto finisce a Mimì. Ci sta. Ma se, diobono, tu ti chiami Luigi Apicella e sulla scheda elettorale fai scrivere «Luigi Apicella detto Luigi»… e no che non ci sta!

In questo caso o sei idiota tu, o è idiota chi ce lo scrive, o è idiota l’elettore che ti vota.E visto che siamo un popolo di zucconi capacissimi di prender per buona una dicitura idiota come quella di «Giorgia Meloni detta Giorgia», nessuna meraviglia se di questo passo il Bel Paese viene travolto da leggere emulazioni semantiche tipo il marito che dice alla moglie: «cara mi passi il sale detto il sale»; o dal salumiere: «Mario per cortesia, due etti di salame detto salame», piuttosto che l’automobilista al cornuto che gli taglia la strada: «li mortacci tua detti li mortacci tua».

Insomma un trionfo dell’idiozia generale nel cui brodo di coltura si moltiplicano i batteri d’una democratura di Giorgia Meloni detta Giorgia dalla cui bocca finalmente potrà venir fuori il sì atteso, sincero e liberatorio: «viva Benito Mussolini detto Benito».