Mettere in campo strumenti per fare fronte alla sfida demografica, proteggere le frontiere del continente e combattere l’immigrazione illegale con speciale attenzione ai confini esterni, rafforzare gli strumenti di difesa Ue. Questa l’articolazione del punto “libertà e sicurezza dei cittadini europei” nell’ambito delle priorità della prossima presidenza europea di turno ungherese, in un documento preparatorio che il manifesto ha potuto visionare in esclusiva.

BUDAPEST INIZIERÀ il proprio semestre di presidenza tra poco più di due mesi, a partire dal 1 luglio prossimo, raccogliendo il testimone dal Belgio e consegnandolo poi alla Polonia nel 2025. I punti in agenda offrono uno spaccato, per quanto ancora non dettagliato, della direzione di marcia che il premier Viktor Orbán vuole imprimere all’Europa nell’anno delle elezioni per il rinnovo del Parlamento, di tutte le cariche istituzionali e dell’inizio di un nuovo ciclo politico.

La presidenza ungherese avrà la firma del premier sovranista euroscettico e bastian contrario d’Europa, sotto accusa a Bruxelles per le l’occupazione dei media e le violazioni dello Stato di diritto in Ungheria.

La bozza tocca diversi temi, dalla competitività all’allargamento, fino alle politiche green. Ma è al capitolo dedicato alla “libertà e sicurezza”, non a caso accostate, che sembrano emergere gli elementi caratterizzanti delle politiche orbaniane. Ieri, a margine della conferenza dei conservatori europei e Usa tenutasi nella capitale magiara, Orbán ha indicato che durante il semestre di presidenza «si porrà grande enfasi sulla protezione delle frontiere esterne dell’Europa».

Un tema su cui si sta impegnando molto anche il governo Meloni. Altra consonanza con Roma quella della sfida demografica, con allusione alla denatalità. Da quando è al potere, Orbán si è sempre definito difensore dei valori pro-vita e famiglia e ha messo in campo politiche per la natalità: l’Ungheria ha un tasso di fertilità dell’1,61 figli per donna nel 2021, superiore alla media Ue che si attesta a 1,53.

OLTRE A QUELLO che nella bozza è elencato, molto dell’azione della presidenza ungherese si evince anche da quello che manca. Non ci sono riferimenti espliciti alla crisi ucraina né alla collaborazione atlantica, che presumibilmente saranno tra i punti principali in agenda della presidenza polacca del primo semestre 2024. Rispetto invece alle priorità del Belgio, che attualmente detiene la presidenza di turno, il contrasto appare piuttosto evidente. Come si legge dal sito web della presidenza di turno belga, il governo De Croo si propone innanzitutto di difendere Stato di diritto e democrazia e di portare a compimento la transizione green.

Nel dettaglio, al primo capitolo sullo Stato di diritto si legge: «L’Unione europea è basata sul rispetto dei diritti fondamentali… la protezione delle libertà individuali, dell’eguaglianza e della non-discriminazione». Niente di più lontano dall’avversione alla “cultura gender” del premier ungherese, teorico della democrazia illiberale, e dei suoi alleati nel resto d’Europa, Meloni compresa.

L’IDEA CHE IL GOVERNO di Budapest conduca le danze, a Bruxelles trova molti oppositori. Qualcuno di loro deve aver perfino sperato che Orbán commettesse un errore così grave da poter permettere un’inedita sostituzione del turno di presidenza.

L’occasione si sarebbe forse presentata quando, dopo la minaccia di blocco agli aiuti a Kiev, molte capitali hanno chiesto la sospensione del diritto di voto in Consiglio in base all’articolo del Trattato sul funzionamento Ue. Poi abilmente il leader di Fidesz ha fatto marcia indietro, e l’ipotesi è rientrata.

È pur vero che la seconda parte dell’anno coincide con l’inizio della nuova legislatura, occupata in gran parte nella formazione della nuova Commissione Ue e quasi del tutto priva di passaggio di leggi a Eurocamera e Consiglio. Così nei palazzi di Bruxelles qualcuno avrà pure pensato: «Se proprio deve succedere, meglio ora». In ogni caso, solo mercoledì scorso gli eurodeputati hanno approvato una risoluzione in cui si esprime «preoccupazione» circa la possibilità dell’Ungheria possa «essere in grado di svolgere in modo credibile» il suo ruolo alla guida del Consiglio dell’Ue.