Dunn Meadow è un ampio prato nel cuore del campus dell’Università dell’Indiana, venti acri di prati, alberi e sentieri. Una norma del 1969 l’ha designato come spazio libero in cui gli studenti possono protestare su qualsiasi argomento: senza autorizzazione, portando cartelli, piantando tende. Nei decenni questa norma ha permesso la costruzione di accampamenti contro la guerra in Vietnam, l’apartheid in Sudafrica, la guerra del Golfo in Iraq.

La settimana scorsa, centinaia di studenti e diversi professori del campus di Bloomington hanno annunciato che avrebbero occupato Dunn Meadow, come loro diritto, in una protesta a oltranza in supporto della causa palestinese. Lo scopo era premere affinché l’università cessi di fare affari con compagnie collegate a Israele – l’obiettivo è soprattutto Crane, base militare e grande azienda locale di ingegneria, catene logistiche e microelettronica, un vecchio gladiatore dei contratti governativi. Crane (l’azienda) produce congegni militari usati a Gaza. La Naval Surface Warfar Command Center di Crane (la base) è la terza più grande installazione navale del mondo, anche se il mare più vicino è a oltre 1.000 chilometri. Di vicino c’è Bloomington. L’università. Sette campus, 50mila studenti e 4 miliardi di dollari di budget. Cervelli e ricerca pubblica.

LA NOTTE tra il 24 e il 25 aprile, il rettore Rahul Shrivastav ha riunito un comitato da lui selezionato ad hoc e ha deciso segretamente di alterare la regola del 1969, imponendo che le manifestazioni in Dunn Meadow dovessero avere autorizzazione amministrativa. Una trappola per i dimostranti.

La Indiana University di Bloomington (Iu) è una grande e prestigiosa università di ricerca nel cuore delle pianure del Midwest, un faro di progressismo in quella corn belt che è il primo produttore di mais al mondo ed è fatta di campi sconfinati, opinioni pubbliche conservatrici e vent’anni di governatori repubblicani. Essendo pubblica, ha permesso a giovani di famiglie non abbienti di farsi un’educazione con intellettuali del calibro di Douglas Hofstadter o dei premi Nobel Elinor Ostrom o Philip Dybvig.

IU È UNA SPINA nel fianco dell’ennesimo governo repubblicano dell’Indiana, che nel 2021 ha installato – senza accordo col corpo docenti – la presidente Pamela Whitten e il rettore Shrivastav. Due di sicura fede autocratica, che fin da subito hanno preso a minacciare la chiusura di programmi storici, tagliare fondi in maniera arbitraria, creare un’inquietudine generale. Dopo il massacro di Hamas a Gaza, Whitten e Shrivastav hanno cancellato una mostra dell’artista palestinese Samia Halaby e sospeso il professore palestinese Abdulkader Sinno (scienze politiche) per un modulo compilato male. Il Bloomington Faculty Council, organo di governo dei professori, aveva votato al 93% per togliere la fiducia alla presidente Pamela Whitten e al 91% contro il rettore Shrivastav. Qualsiasi amministratore avrebbe dato le dimissioni. I due hanno alzato la repressione. Circa una settimana dopo, hanno fatto scattare gli arresti.

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La mattina del 25 aprile, una folla di studenti e diversi professori si è recata a Dunn Meadow ignara del cambio di norma notturno. I manifestanti hanno preso a montare il campo e a protestare. Bandiere, cartelli, striscioni, canti – Bella Ciao, cantata spesso e volentieri, e in italiano! con mille accenti diversi – un cerchio di tende al centro del campo. Dall’altro lato della strada, una bizzarra coalizione di Proud Boys filonazisti e di ebrei filoisrealiani dell’associazione Chabad House. Gridavano oscenità contro le donne, mettevano musica a tutto volume, urlavano prevedibili accuse di antisemitismo anche contro manifestanti ebrei con la kippah.

POI QUALCUNO ha notato dei cecchini sul tetto di un edificio lì accanto. Cecchini? Nel campus? E poco dopo è arrivata la polizia, chiamata dalla preside o dal rettore. Non la polizia di Bloomington ma quella di stato, più rigida e senza legami con la città. I manifestanti, confusi e indignati, continuavano a invocare la legge del 1969. Alle 4 del pomeriggio un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa ha attaccato. Li hanno buttati a terra, presi a calci, manganellati, ammanettati con zip ties e caricati su un autobus di IU. Un’ora dopo almeno 30 studenti e professori erano stati arrestati e il campo distrutto. Tutti sono stati rilasciati il giorno dopo con il divieto di entrare nel campus per un anno. Ma ormai Whitten e Shrivastav avevano trasformato un evento per la Palestina in uno per la libertà di parola.

La mattina di venerdì 26 aprile, mentre gli studenti costruivano un nuovo campo a Dunn Meadow, i professori si sono mobilitati a raccogliere e trasportare donazioni, cibo e suppellettili. Le proteste non sarebbero cessate e ora includevano anche molti docenti. Di nuovo cecchini sui tetti, di nuovo paura di un assalto, quelli di Chabad House continuavano a sparare musica a tutto volume, la polizia rifiutava di fargliela abbassare. Il secondo attacco è arrivato sabato 27 aprile, verso l’una di pomeriggio. Stesse modalità. La presidente l’avrebbe ordinato in base a “notizie certe” della presenza di armi tra i manifestanti. Di nuovo resistenza pacifica, cordone umano intorno alle tende, botte e arresti. Oltre 20 tra studenti e professori sono stati portati alla prigione locale e rilasciati ore dopo. Nessuna arma trovata, naturalmente.

POCHE ORE DOPO, studenti e professori – ormai insieme – hanno rimesso in piedi la tendopoli e ripreso la manifestazione. Tra domenica 28 aprile e lunedì 29 non ci sono stati altri attacchi ma il campus è rimasto in grande subbuglio. Forse la preside e il rettore credevano che l’università si sarebbe messa ad obbedire, ma è accaduto l’esatto opposto. Professori e decani stanno organizzando una serie senza precedenti di proteste contro l’amministrazione, molti si sono uniti ai manifestanti – ora il principale problema pratico è dove mettere tutto il cibo e le suppellettili ricevute in dono.

La mattina del 29 aprile si è tenuta una manifestazione di centinaia di professori, amministratori e dottorandi davanti all’ufficio del rettore, per chiedere le dimissioni di Whitten e Shrivastav. I docenti banditi dal campus hanno partecipato dall’altro lato della strada, col megafono. Dopo due ore di canti e discorsi, si sono uniti all’accampamento di Dunn Meadow.

ALCUNI GIORNALI inevitabilmente hanno parlato di “scontri violenti tra polizia e manifestanti”, ma la violenza è venuta da una parte sola. Il primo giorno, un manifestante ha morso un poliziotto che lo attaccava – ed è tutto. Neanche le notizie di irruzioni e arresti provenienti dalla Columbia o dalla Ucla, l’1 e il 2 maggio, hanno fatto smobilitare nessuno: i professori preparano workshop di storia, politica, teatro. Si proiettano film, uno è stato “La battaglia di Algeri”. Oggi ci saranno le cerimonie di laurea, si farà una manifestazione anche lì, silenziosa. Questi studenti stanno creando una comunità unita e solidale, con legami di collaborazione prima impensabili coi professori. Quello che Whitten e Shrivastav volevano distruggere, hanno finito per rendere più forte.