Continua a suscitare indignazione l’ultima pelle del “camaleonte” – il soprannome di Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue dal 2004 al 2014, maoista in gioventù poi primo ministro di destra in Portogallo (2002-2004), organizzatore del summit delle Azzore nel marzo 2003 dove Tony Blair e lo spagnolo Aznar hanno appoggiato la guerra di Bush in Iraq. Ieri, la Francia ha chiesto “solennemente” all’ex presidente della Commissione di “rinunciare” all’incarico di chairman (presidente onorario) ottenuto presso Goldman Sachs International, che ha sede a Londra, due settimane dopo il referendum sul Brexit. Lo scopo di questo incarico è di consigliare la banca Usa, diventata il simbolo della crisi del 2008, a navigare nei meandri della legislazione Ue, con l’obiettivo di aggirare la perdita del “passaporto finanziario” che permette agli istituti finanziari con sede in paesi membri dell’Unione di offrire i propri servizi dappertutto nel mercato interno. Il sottosegretario agli affari europei, Harlem Désir, ha giudicato “particolarmente scandaloso” questo incarico “tenuto conto del ruolo della banca nella crisi finanziaria del 2008 e anche nei conti pubblici della Grecia truccati”, per permettere ad Atene di entrare nell’euro. Per Désir, “moralmente, politicamente, deontologicamente” Manuel Barroso è colpevole per “il peggior servizio che un ex presidente di istituzioni europee potesse rendere al progetto europeo, in un momento della storia dove al contrario ha bisogno di essere sostenuto, difeso, rafforzato”. Manuel Barroso non sembra preoccuparsi, si è detto “pronto a dare un aiuto” alla Goldman Sachs, mentre i dirigenti della filiale International, Michael Sherwood e Richard Gnodde sottolineano: “siamo impazienti di lavorare con lui, per poter aiutare i nostri clienti a navigare in un ambiente economico e finanziario difficile e incerto”.

Mentre in Germania, per il momento, le reazioni sono moderate, la Francia ha espresso particolare indignazione (l’euroscetticismo cresce nel paese, a nove mesi dalle presidenziali). Gli eurodeputati socialisti francesi, già venerdi’ scorso, subito dopo l’annuncio del reclutamento da Goldman Sachs, avevano definito “indecente e vergognoso” questo passo. Gli eurodeputati hanno interpellato la Commissione e chiesto di modificare le regole. Difatti, Barroso si barrica dietro il rispetto formale delle norme del codice di condotta: per i primi 18 mesi dopo la fine dell’incarico, un alto dirigente della Ue deve chiedere un’autorizzazione per passare al servizio di privati, ma dopo questo periodo di tempo non è previsto più niente. Il periodo potrebbe passare a 5 anni. Gli eurodeputati, pero’, giocano anche un’altra carta e accusano Barroso di “violazione dell’articolo 245” del Trattato di funzionamento della Ue (e del giuramento fatto dallo stesso Barroso il 3 maggio 2010) che sottolinea che gli ex dirigenti hanno “doveri di onestà e delicatezza” nell’accedere a nuovi incarichi. Il palese conflitto di interesse potrebbe portare all’annullamento della pensione che viene versata a Barroso, in nome dell’articolo 247. Quando ha lasciato la presidenza della Commissione, Barroso ha ricevuto un’indennità forfettaria di 24.422 euro per “reinsediamento”, a cui vanno aggiunti 36.600 l’anno (per 3 anni) per la “transizione”. Poi c’è la “pensione”, pagabile dopo i 55 anni (Barroso ne ha 60): 62.600 l’anno, circa 5200 € al mese. Per la Francia, Barroso “è già costato troppo caro alla Ue” (lo stipendio alla Goldman Sachs è segreto). Il sottosegretario al Commercio, Matthias Fekl, l’ha definito “rappresentante indecente della vecchia Europa”. Per l’europarlamentare verde tedesco, Sven Giegold, “questi pietosi cambiamenti di campo della politica verso il settore privato nutrono i sospetti che la politica serva gli interessi individuali”.