Qualcuno l’ha chiamato addirittura «Mister Wireless». Per Daniele Trinchero, docente di ingegneria delle telecomunicazioni al Politecnico di Torino e direttore del Laboratorio iXem, portare internet a banda larga e senza fili nei posti più isolati del mondo è quasi una missione. Che ribalta le logiche commerciali e prova a sconfiggere il digital-divide, il divario tra chi ha accesso alle tecnologie dell’informazione e chi ne è escluso, totalmente o parzialmente.

Si può fare, a dispetto di quel che dicono le grandi compagnie telefoniche. A costi ridotti e con materiali di riciclo. Un tempo si sarebbe detto, un granello di sabbia negli ingranaggi del sistema. Fuor di retorica, questa volta sembra proprio vero.

Trinchero e la sua équipe negli anni hanno portato la rete in cima al Monte Rosa, alla Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa, a oltre 4500 metri, attraverso un ponte radio con il Monte Cimone, nell’Appennino modenese, a una velocità stabile di 20 Megabit al secondo. E nelle foreste dell’Amazzonia, nell’Ecuador orientale, collegando 20 mila persone sparse, scuole e infermerie con gli istituti educativi e gli ospedali della capitale. Lo stesso hanno fatto nel martoriato deserto africano del Darfur e nelle Isole Comore, nell’Oceano Indiano. «La diffusione del sapere – dicono – è l’arma più efficace per vivere in un mondo migliore».
Dopo aver girato il globo, sono tornati dove tutto era nato ed era stato sperimentato, a Verrua Savoia (provincia di Torino), meno di 1.500 abitanti, sparpagliati in 31 chilometri quadrati sulle colline del Monferrato. Uno di quei luoghi che gli operatori commerciali non considerano appetibile, perché non intravedono margini di guadagno.

Proprio qui, a gennaio aprirà i battenti il primo provider non profit d’Italia (il ministero dello Sviluppo Economico ha dato l’ok). Si tratta di un fornitore di servizi internet, come quelli che conosciamo e a cui siamo abbonati (tipo Telecom, Fastweb, Vodafone, Tiscali, etc.) ma senza finalità di lucro. Il nome scelto è: Senza Fili, Senza Confini. In realtà, è un’associazione di cittadini. Gli stessi che negli ultimi anni hanno partecipato e condiviso il progetto «futuristico» di Trinchero e della sua banda.

Saliamo, allora, in cima alla Rocca di Verrua, che, come una vela, si erge sopra il fiume Po, sovrasta le risaie del vercellese e si appoggia alle colline del Monferrato. È un lembo di terra che con la sua fortezza è stato, nei secoli, luogo privilegiato per il controllo strategico della pianura, conteso da francesi, spagnoli e piemontesi. «Al di là del lato affettivo, sono originario di qui, abbiamo pensato di collocare un progetto rivolto al futuro in un sito con mille anni di storia, per dargli una nuova vita e ricostruire insieme i legami di una comunità sparsa tra campi, vigneti e boschi», spiega Daniele Trinchero.

Alla fortezza dove, ora sono installate le antenne di uno dei punti d’accesso internet, nel 2004, nacque – dall’idea di un gruppo di giovani ingegneri coordinati da Trinchero – iXem, il laboratorio del Politecnico, che con i pochi fondi destinati alla ricerca, decise di provare a includere la tecnologia con il sociale. E a ragionare su come diminuire le disuguaglianze grazie a internet, strumento nato, invece, negli anni Sessanta per scopi militari.

«Era il 2005 e il sindaco di Verrua mi disse – racconta il professore – di aver ricevuto un preventivo di 30 mila euro per portare l’Adsl sul territorio. Una cifra spropositata. Riunii i ragazzi che lavoravano con me per trovare una soluzione alternativa. Ne ero certo, Internet veloce poteva arrivare anche qui. E se funzionava a Verrua, avrebbe potuto funzionare ovunque, perché la collina torinese e il Monferrato sono un contesto complesso: case sparse, boschi, alture, strade sterrate, pendolari e anziani, la metà della popolazione. L’unica soluzione per vincere l’isolamento, era quella di recuperare i legami tra persone. Per abbattere i costi, rimettere in vita vecchi computer, trasformandoli in trasmettitori radio, e antenne dismesse».

Il primo esperimento fu del 2006, durò 9 mesi, con l’apertura del primo hotspot libero e pubblico in ambito rurale, la connessione passò dai 56k a 2 Megabit al secondo. Finita l’iniziativa, il capoluogo del comune fu coperto da piccoli operatori commerciali, non in grado, però, di raggiungere l’intero territorio, caratterizzato da un’urbanizzazione distribuita e non centralizzata. Una situazione simile alle migliaia di comuni collinari e montani del Piemonte, all’entroterra della Liguria o a quello del Friuli.

Nel 2010 torna, così, in campo l’équipe di iXem, ma questa volta con un progetto più articolato e in collaborazione con il Comune, il Consorzio Top-Ix e il ministero dello Sviluppo economico. È stata trovata una soluzione: cinque punti d’accesso invece di uno. E il 98% del territorio coperto da internet senza fili e gratuito. La popolazione ha risposto entusiasta: 340 nuclei familiari, di cui 260 permanenti, sul totale di 650 famiglie residenti, hanno partecipato al progetto.

Ma come ogni bel sogno anche questo, «Verrua senza fili», è destinato a finire, il 31 dicembre prossimo. «Sono stati gli abitanti a chiedere che non morisse, ormai lo considerano un bene comune. Non potevamo concludere con un bollo ministeriale e tutti a casa. Ci siamo scervellati e abbiamo pensato a un’associazione che si costituisca come provider e proponga alfabetizzazione informatica».

Internet a banda larga (20 Mb/s) non sarà più completamente gratuito come durante la sperimentazione, ma costerà solo 4 euro al mese, 50 euro è infatti la quota d’iscrizione annuale: un prezzo imbattibile.

Costruire un provider dal basso è, quindi, possibile, qui come altrove. «I cittadini possono riunirsi in un’associazione non profit, costruire un business plan auto-sostenibile e, con l’autorizzazione ministeriale, diventare provider. Essere in tanti permette di comprare complessivamente meno banda dagli operatori e diffonderla, attraverso ponti e antenne, a chi vive in zone rurali. La nostra idea sta girando, ci hanno chiamato pure dall’Alaska».