Sindaco Doria, in queste ore c’è tanta Italia sotto la morsa della neve e del terremoto. La sua città, Genova, ha vissuto alluvioni, frane. Da ultimo gli incendi dolosi. Che si sente di dire a quei sindaci?

Sento una grande solidarietà. I sindaci sono sempre in prima linea, si fanno carico delle emergenze. Fare il sindaco oggi è più di ieri un impegno civile che richiede sforzo e sacrificio e grande responsabilità. Ma anche soddisfazione. Nel fiume Bisagno stiamo facendo grandi opere di energia idraulica grazie al programma Italia Sicura. Un gran bel programma.

È stato eletto nel 2012, quattrogoverni fa. C’erano differenze di rapporti fra un governo e l’altro?

Da sindaco ho vissuto la fase dei tagli combinati con il balletto dell’imposta sulle case, Ici Imu Tasi. Devastante. Via l’autonomia fiscale, regole che cambiavano di continuo, nessuna possibilità di programmazione. Ma questa fase sta finendo. Del governo Renzi ho apprezzato il programma Italia sicura per la messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. Soldi che da noi sono arrivati anche perché avevamo i progetti pronti. E c’è stata facilità di relazione con l’unità di missione. Così come nel patto per Genova. Con il governo Gentiloni e il ministro De Vincenti facciamo riunioni operative: il patto non è un pezzo di carta ma un piano d’intervento. E non è una mancia. Poi che sia stato fatto prima del referendum è un dato di cronaca. Così come il bando sulle periferie. Dico un’altra cosa: sono molto solidale al governo sulla politica sui migranti. Mi sono messo al servizio di una scelta che ritengo giusta. Sono questioni su cui c’è una demarcazione fra sinistra e destra.

Tanti complimenti a Renzi proprio da uno dei pochi sindaci di centrosinistra che ha votato No al referendum?

Ieri sono venuti a trovarmi tre amici. Abbiamo parlato di beni comuni e di migranti con una consonanza forte. Due di noi avevano votato No, due Sì.

Sta dicendo che il centrosinistra che non c’è al governo nelle città può andare avanti?

Deve. Partendo da visione del territorio e delle politiche per governarlo.

A Genova andrà cosi?

Io ce la metto tutta. Parlando con i cittadini che ci hanno sostenuto sono ottimista.

Però di critiche lei ne ha ricevute. Secondo Cofferati, suo concittadino ed ex sindaco, lei ha fatto bene nella cultura e nel turismo, male nei servizi e nelle privatizzazioni.

Una sinistra di governo che ha come obiettivo l’erogazione dei servizi pubblici di qualità si deve porre senza reticenze il tema di come i servizi vanno gestiti. Non deve dare spazio alla tutela delle corporazioni. In quest’ottica credo che la gestione controllata del servizio possa vedere anche il ruolo di un’impresa privata. Oppure vogliamo dire che a Roma Ama funziona bene perché è pubblica 100 per cento?

A Genova riaprirà una centrale a carbone?

È una centrale Enel autorizzata fino al 2018. Enel la stava chiudendo e invece la manterrà per ragioni di mercato. Ma nel 2018 chiuderà.

D’Alema dice che per colpa del Pd «dopo Torino potremmo perdere anche Genova».

Tutti devono fare la loro parte. Sto parlando del governo di Genova, naturalmente, non dei voucher e del jobs act. Ma Genova è la sesta città italiana, nelle città si costruiscono pratiche politiche. Non dico che questo si deve tradurre a livello nazionale ma un peso ce l’ha. C’è uno scarto fra un sistema politico avvitato su se stesso e i cittadini che incontro per strada. Ce n’è di arrabbiati che vanno riconquistati, certo. Ma c’è anche una buona fetta di popolo per il quale è naturale che il centrosinistra si presenti unito alle comunali. Una fetta maggioritaria.

Dunque a Genova proporrà una lista civica?

Serve un civismo democratico. I partiti sono insufficienti ma insieme indispensabili.

Per questo ragionamento la aiuta il fatto che il Pd genovese è poco renziano?

No. È una sfida per tutti.

Invece dalla sua parte, quella di Sinistra italiana, sente ancora il sostegno dell’inizio?

Sel, che mi ha sostenuto con convinzione nei comitati per Doria Sindaco – e per questo li ringrazio davvero – non esiste più. Cinque anni c’era una formazione in un quadro di centrosinistra, con un leader con cui ho avuto sempre un ottimo rapporto, Vendola. Continuo ad avere una grande consonanza con i pezzi di quel partito che mi hanno sostenuto. Che sono la maggioranza.

Si è iscritto a Sinistra italiana?

No. Voglio capire qual è la prospettiva che assume.

Allora passerà nel ’campo progressista’ di Pisapia?

Neanche. Ma sono amico di Pisapia e lo apprezzo molto.

Ma non si iscrive perché come dice D’Alema «con Renzi non vinceremo»?

Sto dicendo che dai contenuti di governo delle città è possibile costruire una coalizione. E che questo aiuta a costruire percorsi nazionali. Certo, ci vuole la disponibilità di tutti. E ancora: servono le forze della società che non si sentono rappresentate dai partiti. Quanto al Pd, ha una discussione aperta, mi auguro che scelga la non autosufficienza. Ma non ho intenzione di iscrivermi al Pd quindi non mi permetto di indicare chi preferisco come segretario. D’altro canto a sinistra del Pd c’è una forza che non ha ancora deciso la sua linea. Da militante di sinistra, e da cittadino, non posso rimanere fermo ad aspettare.

Il suo mandato scade in primavera. Insomma si ricandiderà?

La mia idea della politica è servizio alla comunità e come partecipazione ai movimenti di trasformazione della società. Non ho mai fatto la scelta della politica come professione, ho il mio lavoro. Ogni ragionamento che faccio su di me è subordinato a questa idea.

Don Gallo la sostenne con la sua forza. Le manca?

Sì, molto. E mi mancano anche tanti militanti autorevoli capaci di assumersi responsabilità qui oggi a Genova.

Dunque cerca un suo erede?

Non scriva che faccio il king maker, o il regista. Darò un contributo nel senso che ho detto. Intanto svolgerò il mio ruolo di sindaco sino in fondo. E anche così cerco di tenere insieme un pezzo ampio di mondo genovese.