Il gruppo S&D dell’Europarlamento – il secondo per importanza – ha ieri messo in guardia la Ue sulla questione dell’abolizione dei visti per i cittadini turchi, la principale contropartita chiesta da Erdogan in cambio del controllo dei flussi di migranti verso la Grecia. “Erdogan usa il colpo di stato militare come scusa per limitare la democrazia” afferma un comunicato del gruppo socialista, “la liberalizzazione dei visti deve essere fermata”. I socialisti sottolineano gli effetti del mancato golpe militare: prigione per migliaia di persone supposte dell’opposizione, oppressione, limitazione della libertà di stampa. “Erdogan sta trasformando la democrazia turca de facto in un sistema presidenziale autoritario”, afferma il capo-gruppo Gianni Pittella, che insiste: “dobbiamo essere chiari: i negoziati in vista della liberalizzazione dei visti devono essere sospesi, nessuna proposta che riguarda questo punto deve essere adottata date le circostanze”. La posizione di S&D è importante, perché c’è un dibattito all’Europarlamento e il voto sui visti richiede la maggioranza. I socialisti europei ricordano che, per quello che riguarda i negoziati per diventare membro della Ue, iniziati nel 2005, devono essere “rispettati completamente i criteri di Copenhagen, la reintroduzione della pena di morte e la sospensione della Convenzione europea sui diritti umani vanno nella direzione opposta”.

Qualcosa si sta muovendo in Europa? E’ presto per dirlo. Ma gli europei sanno anche che la drastica riduzione dei flussi di migranti verso la Grecia – 57mila ancora a febbraio, solo 1500 a giugno – non è dovuta ad interventi particolari da parte delle autorità turche, ma piuttosto all’effetto dell’annuncio dell’accordo Ankara-Bruxelles del marzo 2016. Per salvare la faccia, la Ue aveva posto delle vaghe condizioni alla contropartita dell’abolizione dei visti: il rispetto di 5 criteri (su 72 in totale), tra questi c’era anche la definizione giuridica del “terrorismo”, considerata troppo poco precisa e passibile di applicarsi all’opposizione politica.

L’accordo di marzo era stato fortemente voluto da Angela Merkel, in difficoltà per l’apertura sui migranti. Ieri, il portavoce della cancelliera, Steffen Seibert, ha giudicato “improbabile l’apertura di nuovi capitoli” di negoziato con la Turchia. Ma poi ha frenato. Una eventuale rottura delle trattative “non è una decisione tedesca”, ma di tutta la Ue. Pero’ ha aggiunto: “si sollevano domande preoccupanti quando in tv o attraverso delle foto si vedono accusati con evidenti tracce di punizioni corporali o persone umiliate di fronte alle telecamere”. Federica Mogherini, Mrs.Pesc, al Carnegie Endowment for International Peace, ha diplomaticamente ricordato che la Ue “sostiene le istituzioni democratiche, le istituzioni legittime, ma non ci sono scuse in alcun modo per reazioni che possono minare le libertà e i diritti fondamentali”. In Italia, la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha parlato più chiaramente di “golpe civile”. Per Laura Boldrini, “quanto sta accadendo sembra lontano dallo stato di diritto”. E, ha precisato, “aver trattato sui migranti è stato un errore”, la Turchia non “aveva i requisiti” e l’Europa ha “derogato ai propri principi e alla propria autorevolezza”. Boldrini constata che, stando ai termini dell’accordo con Bruxelles, “quello che si sarebbe dovuto garantire ai migranti, non viene neppure garantito ai propri cittadini” da parte della Turchia di Erdogan.

Ma la Ue ha le mani legate. Come gli Usa. La Turchia è il fianco sud della Nato, è strategica per la guerra contro l’Is e in Siria. La Ue ha considerato la Turchia “paesi sicuro” per poter concludere l’accordo sui migranti. Ma adesso la preoccupazione cresce. Non esclusivamente per preoccupazioni etiche, ben messe tra parentesi con l’accordo sui migranti di marzo. Ma perché il mancato golpe ha mostrato la grande debolezza dell’esercito turco, il conflitto militari-polizia fa temere un indebolimento della “sicurezza” su cui aveva imprudentemente puntato la Ue e l’avventura autoritaria di Erdogan minaccia scossoni nelle alleanze tradizionali con l’occidente (mai messe in discussione nei colpi di stato militari del recente passato), perché già si vede una distensione con la Russia di Putin (i piloti turchi che hanno abbattuto un caccia russo nel novembre 2015 sono tra gli arrestati del dopo-golpe).