«Far eseguire una condanna, o una parte di essa, fondata su una norma contraria alla Costituzione, e perciò dichiarata invalida dal Giudice delle leggi, significa violare il principio di legalità». Dunque, hanno diritto a uno sconto di pena tutti coloro che sono stati condannati in via definitiva per piccolo spaccio o per droghe “leggere”, in violazione della legge Fini-Giovanardi dichiarata incostituzionale dalla Consulta nel febbraio scorso.

La rideterminazione al ribasso delle condanne definitive vale anche in caso di recidiva, in quanto la Corte costituzionale nel 2012 si pronunciò anche contro una norma contenuta nella cosiddetta ex Cirielli, la legge ad personam nata per salvare Previti e Berlusconi a costo di sacrificare tossicomani e piccoli malviventi e creare in carcere il cosiddetto effetto delle “porte girevoli”.

È quanto sostengono, in sintesi, le sezioni unite penali della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza emessa il 29 maggio scorso in favore di un uomo napoletano condannato per spaccio di poche dosi di cocaina e di cannabis che non si è visto riconoscere l’attenuante della lieve entità sull’aggravante della recidiva.

Accogliendo il ricorso presentato dalla stessa procura di Napoli contro l’ordinanza del Tribunale, la Cassazione ha anche posto fine a una serie di diatribe sull’impossibilità di rimettere mano a sentenze passate in giudicato: «Il diritto fondamentale alla libertà personale deve prevalere sul valore dell’intangibilità del giudicato», scrive la Corte suprema presieduta da Giorgio Santacroce.

Anche perché, si legge nella lunga ordinanza (43 pagine) redatta dal giudice Francesco Ippolito, «gli effetti pregiudizievoli derivanti da una sentenza penale di condanna fondata, sia pure parzialmente, sulla norma dichiarata incostituzionale devono essere rimossi dall’universo giuridico», in quanto «inidonea a fondare atti giuridicamente validi». Ecco perché «la intervenuta pronuncia di incostituzionalità» su una legge che contro ogni raziocinio aveva livellato le differenze sanzionatorie tra le condotte di un consumatore di hashish e quelle di uno spacciatore di eroina «impone e giustifica la proiezione “retroattiva”».

Ma la Cassazione fa anche notare che i casi di dichiarata incostituzionalità di norme penali «sono diventati sempre più frequenti negli ultimi anni in cui il legislatore ha approvato una serie di irragionevoli previsioni sanzionatorie su cui è dovuto intervenire il Giudice delle leggi».

«Siamo di fronte a una sentenza storica, di eccezionale valore, perché ricostruisce questioni giuridiche delicatissime come il rapporto tra l’abrogazione di una legge e l’incostituzionalità, l’abolitio criminis e il trattamento sanzionatorio, la questione del giudicato e della sua pretesa intangibilità – commenta Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana – E affronta anche le novità in conseguenza delle sentenze Cedu (caso Scoppola) sull’ergastolo».

Scrive infatti la Suprema Corte a pagina 37 che «sarebbe del tutto irrazionale consentire la sostituzione dell’ergastolo con quella di trent’anni di reclusione(come è avvenuto in tanti casi per effetto della sentenza Ercolano della Corte di Strasburgo, ndr) e ritenere, invece, intangibile la porzione di pena applicata per effetto di norme che mai avrebbero dovuto vivere nell’ordinamento: un “sovrappiù” che risulta l’effetto ancora in atto di una norma senza fondamento, estromessa dall’ordinamento giuridico».

Infine, l’esecuzione di una pena illegittima «non potrà essere finalizzata alla rieducazione del condannato e costituirà, anzi, un ostacolo» perché «sarà “inevitabilmente” avvertita come ingiusta da chi la sta subendo».

E sono certamente migliaia coloro che stanno scontando una pena ingiusta: almeno 3 o 4 mila detenuti potrebbero tornare in libertà subito. La parola ora torna ai giudici dell’esecuzione.