Stavolta c’erano anche la guardia d’onore militare e un lussureggiante banchetto. Al terzo viaggio negli Stati uniti nel giro di un anno, Fumio Kishida ha ottenuto un’accoglienza da visita di stato. Bilaterale con Joe Biden alla Casa bianca, cena esclusiva con uno stuolo di imprenditori di grido tra cui Jeff Bezos di Amazon e Tim Cook di Apple, intrattenimento musicale di Paul Simon. Il premier giapponese ha persino citato Star Trek, auspicando che le «incrollabili relazioni» tra Washington e Tokyo possano «andare coraggiosamente dove nessuno è mai andato prima».

L’AGOGNATA META pare essere un «fronte unito» anti cinese. Ci lavora da tempo Biden, il Giappone è il più convinto a seguirne la linea. Soprattutto per il timore del crescente allineamento tra Cina e Russia, che dal 2022 fa ripetere a Kishida che l’Asia «rischia di essere la prossima Ucraina». Il premier giapponese ha anche parlato di fronte al Congresso: «Non siete da soli a sostenere l’ordine globale, siamo al vostro fianco come tomodachi, migliori amici», ha garantito.

Nell’incontro con Biden firmati oltre 70 accordi nella «più grande riforma delle relazioni bilaterali» dal 1960. Coinvolti diversi settori, dal digitale ai microchip, dall’intelligenza artificiale (con un investimento da 2,9 miliardi di dollari di Microsoft) alla transizione energetica. Ma in cima all’agenda cìè ancora una volta la sicurezza. Predisposto un sistema di difesa antimissile comune, mentre le aziende giapponesi potranno riparare le navi da guerra americane. Creato un nuovo organo consultivo per promuovere lo sviluppo congiunto di attrezzature militari. La svolta è anche operativa: i due leader si sono impegnati a cambiare la struttura delle forze statunitensi in Giappone, con l’obiettivo di arrivare a una ampia interoperabilità dei due eserciti.
Non è tutto. Dopo il bilaterale, ieri si è svolto un inedito summit trilaterale a cui si è aggregato il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. Annunciato un piano di pattugliamenti congiunti sul mar Cinese meridionale, nei pressi delle acque contese tra Manila e Pechino. Si tratta della zona d’acqua più calda, negli ultimi mesi ci sono stati diversi incidenti tra navi filippine e cinesi. Biden ha ricordato il trattato di mutua difesa che lega Washington alla sua ex colonia del Sud-Est asiatico. Un chiaro avvertimento alla Cina che, qualora si arrivasse a un’escalation, la flotta americana potrebbe intervenire a difesa di Manila.

È il nuovo capitolo degli sforzi minilaterali di Biden, dopo il summit di Camp David dello scorso agosto con cui ha rilanciato l’asse trilaterale con Giappone e Corea del sud. Preannunciato anche l’aumento delle esercitazioni congiunte con Regno unito e Australia, visto che «la regione dell’Indo-Pacifico e quella euroatlantica sono sempre più interconnesse». La costruzione di questa rete di rapporti, sperano gli alleati asiatici, potrebbe attutire meglio l’eventuale ritorno di Donald Trump e le incertezze sull’impegno americano che ne seguirebbero.

IL GIAPPONE gioca un ruolo decisivo, tanto sarebbe in procinto di aderire al «secondo pilastro» del patto di sicurezza Aukus (Usa, Regno unito e Australia) per lo sviluppo congiunto di nuove tecnologie militari.
Nella visione di Pechino, tutte queste manovre insieme costituiscono i prodromi di una sorta di Nato asiatica. Xi Jinping, che nei giorni scorsi ha ricevuto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l’ex presidente taiwanese Ma Ying-jeou, può consolarsi con la batosta dei conservatori filo americani alle elezioni legislative in Corea del sud. Piccola crepa nella rete tessuta da Biden.