Nella prima selezione – quindici titoli – dei documentari in corsa agli Oscar Fuocoammare c’è. Non è una sorpresa vista la buona campagna americana, i successi e gli «endorsement», primo tra tutti quello di Meryl Streep (a sua volta in aria di possibile candidatura per Florence Foster Jenkins di Frears) che aveva promesso di portare il film davanti all’Academy già alla scorsa Berlinale, e che in una recente proiezione a New York ha confermato il suo entusiasmo – «Il modo in cui mostra la realtà rende questo film quasi una poesia» ha detto l’attrice.

Gli aspiranti candidati alla cinquina che verrà annunciata il prossimo 24 gennaio – la cerimonia degli Oscar sarà invece a Los Angeles il 24 febbraio – sono stati selezionati tra 145 film e c’è chi come il «New York Times» fa notare già «assenze clamorose», il film di Barbara Kopple, Miss Sharon Jones! (che sarà al prossimo Sundance Festival), vita della musicista soul e la sua battaglia contro il cancrto. Oppure il magnifico Into the Inferno di Werner Herzog e Jim: The James Foley Story di Brian Oakes amico da sempre del giornalista rapito e ucciso dall’Isis.

Rosi è comunque dato dagli «osservatori» americani tra i favoriti come anche Zero Days di Alexs Gibney e Cameraperson di Kirsten Johnson – su «Indiwire» si fa notare che la direttrice della fotografia ha lavorato insieme a molti dei votanti. Molto sostenuto è anche OJ:Made in America (premiatissimo al Sundance), la cui entrata nella shortlist è stata anche contestata: nato infatti come una serie televisiva di otto ore e trasmesso a puntate in tv, non viene considerato da molti come un documentario pure se la vita, i successi, la caduta, il processo di Simpson compongono una storia sociale, dello sport, di Los Angeles, delle tensioni razziali che attraversa quasi metà del secolo.

Tra i titoli di punta c’è anche Weiner, la campagna elettorale del candidato sindaco di New York Anthony Weiner travolto dallo scandalo dei selfie del suo pene inviati su Twitter.
Per molti buone possibilità potrebbe averle anche di Raoul Peck con I am not Your Negro, ancora la questione razziale in America a partire dal libro di James Baldwin. O Tower, di Keith Maitland, documentario che mescola animazione, archivi e testimonianze per raccontare la strage compiuta nel campus di Austin, in Texas, il 1 agosto del 1966.

C’è poi Life, Animated di Roger Ross Williams, scritto da Ron Suskind – vincitore lo scorso anno al Sundance – storia di un ragazzino autistico e della sua famiglia in cui l’animazione di Disney riempie i «vuoti» del rapporto «mancante» tra il mondo e il protagonista cercando di dare voce alle sue emozioni e al suo mondo interiore.
Nella lista troviamo anche 13th di Ava DuVernay (che qualche giorno fa ha duramente attaccato Bertolucci per la scena del «burro» in Ultimo tango), The Eagle Huntress (di nuovo Sundance), ritratto di una ragazzina kazaka di tredici anni ora quindicenne, filmata da Otto Bell, che insieme al padre allena le aquile.