Il M5S non andrà al Nazareno per incontrare Renzi e discutere con lui sul futuro capo dello Stato. Dal palco di piazza del Popolo, dove ha organizzato la notte dell’onestà in risposta agli scandali di mafia capitale, Beppe Grillo non potrebbe trovare parole più esplicite per respingere al mittente l’invito del Pd a partecipare alle consultazioni: «Abbiamo un buffoncello che ci ricatta», urla la microfono. «Non fa i nomi neanche al suo partito e li chiede a noi. Ma andate a fare in culo», spiega alla folla che lo acclama dopo averlo aspettato per cinque ore nonostante il freddo pungente.
Se mai c’è stata per davvero, l’incertezza su quale sarebbe stata la decisione di Beppe Grillo è durata poco, anzi meno del previsto. «Al Pd risponderemo durante la notte dell’onestà», aveva replicato nel primo pomeriggio il direttorio all’invito arrivato dal nazareno. Un modo per tenere alta l’attenzione fino a sera quando a piazza del Popolo lo stesso Grillo avrebbe sciolto la riserva. E invece è bastato aspettare che il leader uscisse dall’hotel Forum, dove soggiorna quando si trova a Roma, per capire che non ci sarebbe stata nessuna sorpresa. «I giochi sono già fatti, noi decidiamo poco», è la risposta per i cronisti che gli chiedono se è pronto per l’elezione del presidente della Repubblica. Concetto che il comico genovese ribadisce poco dopo, una volta in piazza: «Io non so cosa sia il Nazareno, non ci fidiamo più di nessuno», conferma. Ad Alessandro Di Battista non rimane che rendere ufficiale la decisione dal palco: «Con tutto il rispetto – dice -, ci è andato Berlusconi, noi al Nazareno non ci andremo». «Ce ne faremo una ragione», è la replica di Debora Serracchiani. «A Grillo evidentemente – prosegue il vicesegretario del Pd – va bene votare insieme solo se votiamo i loro. Come per il giovane Di Maio, eletto vicepresidente della Camera con i voti del Pd».
La partita consultazioni si è quindi chiusa come tutti si aspettavano. Al premier i grillini continuano a chieder di fare i nomi di chi vuole candidare al Colle, in modo da permettere alla rete di votarli, ma è solo un gioco delle arti, perché tutti, a partire da Grillo, sanno bene che resterà senza risposte. E a Renzi Roberto Fico, membro del direttorio, lancia un avvertimento: «Se proponi Amato al Colle si rivolta tutto il Paese e noi con lui», urla anche dal palco mentre Di Battista chiede di poter arrivare all’elezione del nuovo presidente entro i primi tre scrutini, «in modo da avere un presidente di tutti». «Renzi invece – spiega – ha già deciso che i capo dello Stato sarà eletto alla quarta votazione in poi. In questo modo il nome sarà espressione di un partito solo: quello suo e di Berlusconi».
Il problema di Grillo è che rischia di restare fuori dai giochi anche questa volta. Ieri il leader è tornato ad attaccare Giorgio Napolitano «Ha lavorato contro la democrazia, altrimenti saremmo noi al governo in questo Paese», ha ripetuto per l’ennesima volta dimenticando che con il 25% dei voto non si governa da nessun parte se non fai alleanze. E lui di alleanze non ne ne vuole sentir parlare. Come dimostra proprio la battaglia per il Quirinale. Il no scontato (e sacrosanto) a Renzi segue infatti di poche ore quello identico dato in risposta anche a chi, come Nichi Vendola e Pippo Civati, ha lanciato un appello per un fronte comune contro un candidato frutto del patto del Nazareno. Ieri Vendola è tornato a chiedere ai grillini di lavorare assieme per scegliere una candidatura alternativa a quella di Renzi e Berlusconi. «Tutti siamo chiamati a dare un contributo e, se avremo pazienza, ciascuno dal suo punto di vista potrà tessere la tela affinché al Quirinale vinca un’idea di democrazia e non un’idea di oligarchia», ha detto il leader di Sel senza ricevere però risposta dai vertici del movimento. Al contrario dei 12 senatori ex grillini che hanno invece aderito alla proposta Vendola-Civati: «Noi ci stiamo», ha detto la senatrice Maria Mussini, del coordinamento degli ex. «Un fronte anti-Nazareno non ha etichette politiche e va allargato a tutte le forze politiche, anche a Lega e M5S con i quali in parlamento abbiamo già sperimentato una ferma opposizione sulle riforme e sulla legge elettorale».