Le proteste nelle università spagnole vanno crescendo giorno dopo giorno. Non è bastato l’inedito comunicato di giovedì della Conferenza dei rettori che appoggiava «il sentire dei nostri campus e la rivendicazione», arrivando addirittura all’impegno di «rivedere» ed eventualmente «sospendere gli accordi di collaborazione con le università e i centri di ricerca israeliani che non abbiano espresso un fermo impegno per la pace e il compimento del diritto internazionale umanitario». Le “accampate” che sono iniziate a Valencia la settimana scorsa, si sono estese rapidamente agli atenei di altre città: Alicante, sempre nella comunità valenziana, Álava, Bizcaia e Gipuzkoa (in Euskadi), Navarra, Barcellona, Madrid, e poi nelle andaluse Sevilla, Málaga, Granada. E altre, come Santiago, annunciano di volersi unire presto.

Gli studenti chiedono di tagliare ogni contatto con Israele e accusano i rettori di usare parole “vuote” e di assecondare «il framing discorsivo dello stato sionista di Israele, parlando di ‘azioni antisemite’ che in realtà non si stanno verificando».
Il clima è molto caldo: se il governo Sánchez ha già annunciato più volte l’intenzione di riconoscere lo stato palestinese, alcuni ministri cominciano a prendere posizioni più nette. La ministra della scienza e dell’università, la socialista Diana Morant, ha applaudito l’iniziativa della Conferenza dei rettori: «Ancora una volta nello spazio universitario si rivendica una causa giusta», ha affermato. Questa settimana il ministro del Consumo Pablo Bustinduy, di Sumar, si è spinto a scrivere alle aziende spagnole che operano in Israele chiedendo di «non appoggiare il genocidio» che è in corso in Palestina, suscitando la violenta reazione dell’ambasciata isrealiana, che ha accusato il ministro di «dare ali a Hamas».

Nel fronte filoisreaeliano si colloca il Partito popolare. Isabel Díaz Ayuso, presidente della comunità di Madrid, ha accusato gli studenti di «non ricordare nei loro cartelli i 1.400 assassinati da Hamas», e di ignorare quello che Israele ha apportato alla «scienza e alla tecnologia», chiedendo polemicamente se gli studenti non vogliano «togliere Einstein» dalle università, anche se Einstein non ha mai vissuto in Israele. Intanto il portavoce del partito, Borja Semper, ha detto che il problema «non si risolve con accampate che pretendono segnalare come colpevole esclusivamente Israele e salvare da tutta la colpa un’organizzazione terrorista come Hamas».

Fuori dal governo, vale la pena segnalare anche la posizione di Irene Montero, ex ministra dell’uguaglianza di Podemos e futura capolista del partito viola alle europee: ha appoggiato le proteste studentesche «perché dobbiamo torcere il braccio a questo governo e rompere le relazioni diplomatiche con lo stato genocida di Israele».