Usando la tecnica Crispr-Cas9, Yinong Yang, ricercatore all’Università della Pennsylvania ha modificato geneticamente una varietà di funghi di uso alimentare perché conservi più a lungo il colore chiaro. Ora, un parere del Dipartimento dell’agricoltura statunitense (Usda) ha stabilito che la varietà di funghi così creata non deve essere considerata alla stregua dei tradizionali «organismi geneticamente modificati» ed è dunque esente dagli ulteriori controlli a cui sono sottoposti gli Ogm anche negli Usa.

La decisione dell’Usda si basa sul fatto che con la tecnica Crispr-Cas9 non si introducono geni di specie diverse. La metodologia Crispr permette di intervenire su segmenti precisi del Dna di un organismo, spegnendo o «correggendone» i geni. Anche se non si tratta dell’unica biotecnologia in grado di effettuare questa operazione, la facilità d’uso e il basso costo l’hanno resa nel giro di due o tre anni lo strumento più diffuso per modificare il Dna. Il metodo Crispr sta generando molte aspettative sul piano scientifico e altrettanti timori su quello bioetico, perché modificare il genoma di un embrione sembra più facile. Ma esso potrebbe avere un impatto dirompente anche per la produzione agro-alimentare.

Con Crispr, infatti, si possono creare organismi geneticamente modificati senza incappare nelle limitazioni imposte da molti Paesi. Gli Ogm più comuni attualmente in commercio incorporano nella pianta geni naturalmente presenti altri organismi: il riso BT, ad esempio, prende il suo nome dal bacillus thurigensis, da cui ha «assorbito» attraverso la transgenesi un gene in grado di difenderlo dai parassiti. Molte limitazioni all’uso agricolo degli Ogm sono giustificati proprio dalla difficoltà di prevedere le conseguenze sull’ecosistema di mutazioni genetiche radicali come il passaggio intero di un gene da una specie all’altra. La modifica genetica basata su Crispr, detta cisgenesi, invece, non avrebbe le stesse contro-indicazioni.

La novità sta dividendo i decisori politici. Negli Usa, come dimostra il fungo della Penn State University, sta prevalendo l’interpretazione meno severa. Negli ultimi cinque anni, trenta organismi cisgeneticamente modificati (ma con tecniche diverse da Crispr) hanno ottenuto dall’Usda l’autorizzazione dal commercio.
Nell’Ue, dove le nazioni possono bandire le coltivazioni Ogm sul proprio territorio, per ora domina la prudenza. Diverse commissioni nazionali stanno ora valutando gli effetti delle nuove tecniche di ibridazione: l’obiettivo è giungere nel corso di quest’anno ad una normativa comune al passo col progresso scientifico. Nel frattempo, ai nuovi Ogm devono applicarsi le vecchie regole con una valutazione caso per caso, come suggeriscono gli esperti dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare.

Anche il campo tradizionalmente opposto agli Ogm appare diviso. Da un lato, organizzazioni ambientaliste e contadine come Greenpeace, Coldiretti o la Confédération Paysanne francese (quella di José Bové) chiedono che i vincoli anti-Ogm si applichino anche alle nuove varietà. Un recente rapporto del suo centro studi Greenpeace metteva in guardia sulla scarsa conoscenza delle conseguenze di un intervento artificiale sul Dna, anche senza inserimento di geni estranei. Proprio a Parigi, lo scorso 6 aprile una manifestazione di protesta organizzata da Confédération Paysanne, Greenpeace e altri gruppi ambientalisti ha costretto il Consiglio Superiore per le Biotecnologie ad annullare una sua riunione. Ma il fronte anti-Ogm non è più così compatto. Il ministro dell’agricoltura Martina, ad esempio, chiederà che i nuovi Ogm non ricadano sotto la stessa normativa di quelli vecchi. In questo progetto è spalleggiato dalle organizzazioni imprenditoriali in campo alimentare, anche quelle che finora hanno difeso l’agricoltura biologica e fatto della produzione locale tradizionale una strategia di marketing. «Dobbiamo permettere la sperimentazione anche in vigna: no agli Ogm, no al transgenico ma sì al cisgenico», ha dichiarato entusiasta il fondatore di Eataly Oscar Farinetti durante un recente convegno.

Resta il nodo dell’accesso alla tecnologia: il fungo a lunga conservazione è stato brevettato dall’Università della Pennsylvania. La rivoluzione di Crispr, dunque, sarà riservata a chi se la potrà permettere. In questo, vecchi e nuovi Ogm si assomigliano parecchio.