Scioperi della fame a staffetta da Bologna a Ferrara, Modena e Lamezia Terme. Oggi in serata flash mob a valanga in tutto il paese. Ieri un nuovo e popolato presidio al Pantheon a Roma. E ancora sit-in con docenti incatenati ai cancelli dell’istituto Dettori a Cagliari, un treno da Catania a Randazzo che lancia l’appello ai senatori: «Fermatevi!». E infine accampamenti per dormire nelle piazze.

Il movimento contro la riforma della scuola non conosce soste. Anche dopo il termine dell’anno scolastico si rinnova, inventa nuove forme di protesta, anche estreme, rivela una creatività inesauribile. La scuola è al centro di una resistenza civile che va ben oltre la ritrovata unità sindacale e aumenta la sua forza man mano che il governo targato Pd sprofonda nelle sue contraddizioni. «È la parte più viva di una società civile putrescente – ha detto Marina Boscaino, docente e attivista della Legge popolare «Lip» sulla scuola in un intervento travolgente al presidio del Pantheon – La sua opposizione contro una riforma antidemocratica, mercantilista, oltranzista e autoritaria oggi svolge una funzione storica in Italia. La mobilitazione deve continuare».

Il volgare ricatto di un Renzi disperato – «avete tre giorni per ritirare gli emendamenti al Senato, altrimenti i 100 mila precari non saranno assunti – ieri è stato rifiutato. «Il ricatto sui precari – ha detto Piero Bernocchi (Cobas) – è un’infantile ripicca che non ha senso. Si parla di stabilizzazione, non ha a che fare con il decreto, è una cosa che va fatta comunque. Basterebbe iniziare subito con i primi 100 mila e gli altri entro 3-4 anni». Bernocchi ha ribadito che la protesta non si ferma: «Noi non molliamo. Domani ci saranno ancora manifestazioni in 7-8 città e anche dopodomani. Poi dal 23 al 25 giugno saremo presidio a pochi metri dal Senato».

«Renzi non può cavarsela ricattando la scuola e fermando il ddl per i troppi emendamenti- commenta Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) in un angolo della piazza del Pantheon – Noi avanziamo una proposta chiara: stralciare il piano assunzioni e rinviare la discussione sui punti più controversi. Se il ddl si ferma non è per gli emendamenti». Nel frattempo tutte le opposizioni hanno rifiutato il ricatto di Renzi e non ritireranno gli emendamenti. In piazza ieri a Roma c’erano anche la senatrice Loredana De Petris di Sel e Stefano Fassina del Pd. «Quello di Renzi è un ricatto da quattro soldi sulla pelle delle persone – ha detto De Petris – Chiediamo di votare subito lo stralcio e concentrarci sul piano pluriennale di assunzioni. L’ostruzionismo lo sta facendo la maggioranza prendendo tempo». Per la cronaca, questa ipotesi è stata respinta, ancora una volta, ieri dal governo e dal Pd. È un muro contro muro.

Il rinvio del Ddl a martedì in commissione Istruzione al Senato è stata giudicata dai parlamentari del Movimento 5 Stelle «una decisione assurda, figlia del caos in cui versa la maggioranza al Senato e di un premier sempre più debole». Un atto che lascia spazio anche all’ipotesi di un nuovo colpo di mano di Renzi. Alla sua impotenza, dovuta alla mancanza di numeri al Senato e all’incapacità di reagire all’offensiva della scuola, Renzi potrebbe pensare di togliere il Ddl dalla commissione, presentare come governo un maxiemendamento e mettere la fiducia. E poi puntare sulla roulette russa del Senato, magari pescando i voti dai verdiniani o da qualche altro manipolo di transumanti, proprio come fece Berlusconi nel 2010 per tenere in vita artificiale un governo spacciato. Si vedrà: un governo che ricatta può anche essere vittima della sua stessa disperazione.

A smontare la «menzogna», così è stata definita da molti interventi ieri al Pantheon, sull’impossibilità di stralciare le nuove assunzioni dal Ddl che istituisce il «preside-manager» ha collaborato Walter Tocci, deputato Pd «dissidente» in commissione Istruzione al Senato, che è intervenuto dal palco. «Secondo l’ultima versione proposta dai relatori, gli ambiti territoriali e il potere di nomina dei presidi sarebbero rinviate all’anno scolastico successivo 2016-17 – ha detto Tocci – Ciò significa che se fosse approvata l’attuale proposta i centomila verrebbero assunti nel 2015 con le regole tradizionali. Quindi non sono necessarie le norme della buona scuola per chiamare i nuovi docenti al primo settembre. Non ci sono motivazioni tecniche che impediscono la nostra proposta: prima le assunzioni e poi le altre norme». Da qui la richiesta di estendere le assunzioni fino a 130 mila persone. Se anche questa proposta sarà rifiutata, «sarà per un puntiglio ideologico che mette a rischio il prossimo anno scolastico». Allo stato delle cose, il governo in completa confusione sembra avviato a fare proprio questo.

La posizione prevalente resta quella del ritiro del Ddl. Stasera verrà ribadita in 20 città dove andrà in scena un flashmob notturno. A Roma sarà al Colosseo. «Vogliamo illuminare l’Italia e i suoi monumenti contro le deleghe in bianco previste dalla riforma e contro il rifiuto, da parte del governo, di dialogare con chi lavora a scuola tutti i giorni» spiegano i docenti.