Dall’esterno l’aspetto non è certo invitante. Perché, nonostante il famigerato Cie sia stato chiuso da tempo, a guardarla, la ex-caserma di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, sembra proprio un carcere. Dopo aver percorso un tratto transennato si arriva in un ampio spazio alberato adiacente all’edificio nel quale sono ospitati uomini e donne del C.A.R.A. (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo). Sono per lo più africani e mediorientali ma se ne stanno all’interno e tutti si chiedono come prenderanno la serata. Come si chiedono quanti dall’esterno accoglieranno l’invito al concerto (che si è svolto lo scorso 24) che la rassegna Onde Mediterranee ha organizzato chiamando il sestetto del pianista Claudio Cojaniz.
Iniziativa coraggiosa e meritoria appoggiata dalla prefettura, dalla direttrice della struttura e sostenuta dal sindaco e dalla Provincia. Altri politici non se ne vedono; avranno qualcosa di diverso da fare. Eppure è la prima volta che viene portato uno spettacolo all’interno di una struttura di questo tipo, aperta a tutti perché si possa condividere un momento di incontro e di festa. Un fatto di portata storica.
In breve le panche predisposte si riempiono, gli ospiti escono dall’edificio e si assiepano lungo i muri, ben distanti dal palco. I due gruppi rimangono vicini ma separati, sembrano studiarsi. I posti a sedere non bastano, molte persone rimangono in piedi. Apre la serata un ragazzo afghano del Centro con un pezzo per chitarra. Poi attacca il sestetto: Hispanish & Blues Songs è il titolo del progetto e ne spiega bene il contenuto. Dopo l’iniziale African Market è la volta di El Salvador, struggente melodia latina tradizionale che gli amanti del jazz conoscono grazie alla versione del compianto Charlie Haden e della sua Liberation Music Orchestra. E questo perché non si tratta di una scelta casuale ma è un’affermazione di affinità estetica e politica.
Segue il viscerale Crotalo, blues che scatena un duetto/duello tra armonica (Gianni Massarutto) e violino (Maria Vicentini). Cracking Blues è il pezzo più spigoloso e destrutturato, in cui il gruppo si lancia in una bella improvvisazione collettiva.
Ancora Pablo e la danzante Habanera per esaltare la ritmica di Romano Todesco (contrabbasso), Luca Colussi (batteria) e Luca Grizzo (percussioni).
Il pubblico è rapito dalla musica e già dopo il primo pezzo gli ospiti del Centro si sono avvicinati al palco. Adesso sono dappertutto, a piccoli gruppi, annuiscono e applaudono. Quando Cojaniz attacca l’africano Malaika la magia avvolge tutti facendoli ondeggiare sulle note della canzone. Una versione da brivido e, almeno per una serata, questo luogo sembra quasi un posto in cui si può vivere.