In sala ieri, in occasione della Giornata della Memoria, si può vedere ancora oggi L’uomo per bene (in originale Der Anständige) passato lo scorso anno alla Berlinale in una affollatissima proiezione con acceso dibattito finale. Il tema del resto è di quelli surriscaldati visto che la regista, Vanessa Lapa, racconta la storia di Heinrich Himmler, il maggiore artefice della \soluzione finale», attraverso le centinaia di lettere, e altri documenti e fotografie che l’esercito americano trova nella sua casa, a Gmund, in Germania, alla fine della guerra. Molti sono filmati inediti ( tratti da 53 archivi in 13 paesi diversi) ma sono soprattutto le lettere scritte alla moglie, Marga, alla figlia, all’amante (che era la sorella della moglie) a costruire la trama della storia.

 

 

Il biopic che sembra essere la tendenza dominante quest’anno sugli schermi anche nel cinema narrativo – pensiamo al Turner di Mike Leigh, a Imitation game o a American Sniper, senza dimenticare il Giovane favoloso, il Leopardi molto bello di Martone, e con successo di pubblico, quasi ci fosse voglia di storie note e che però possono anche rivelare qualcosa di sconosciuto, nel documentario è senz’altro più diffuso da sempre. Ma in entrambi casi visto che la fine è nota, la scommessa sta nella regia, e soprattutto in quel grado di lettura del tempo e delle sue contraddizioni e ambiguità persino che si riesce a fare emergere.

 

 

«Dato che la narrazione del film si svolge intorno alla costellazione di Himmler e della sua famiglia – dapprima attraverso i parenti e i fratelli, poi attraverso la moglie, la figlia e l’amante – il pubblico diventa testimone del mondo prodotto dalla Prima guerra mondiale e dalla Repubblica di Weimar, viste inizialmente dal punto di vista di un tedesco della classe media e poi dal punto di vista di una famiglia nazista di alto rango» dice Vanessa Lapa, anche giornalista, che ha lasciato il Belgio dove è nata per trasferirsi in Israele. Cosa ci dicono dunque queste lettere, anche quelle rimaste senza risposta, per esempio al padre, che quando Himmler comincia a avere più potere chiede clemenza per il figlio di un amico di famiglia. Ma lui risponde che non è possibile perché ha messo in pericolo il Paese, e di non fargli mai più simili richieste? Ci parlano di un ragazzino che sogna la guerra, era troppo giovane per partecipare alla Prima, e di un ragazzo che ne desidera una nuova per riscattare la sconfitta di quella passata, come molta parte della Germania, almeno in quelle classi medie e benestanti da cui Himmler proveniva.

 

Ventenne si iscrive al partito nazionalsocialista, e partecipa al putsch di Monaco, la sua ascesa sarà rapida. «Sii sempre una persona buona e gentile» scrive alla figlia Gudrun. E quando lo sterminio degli ebrei ma anche dei rom e degli omosessuali è già una tragica realtà, alla moglie che con lui condivide lo stesso disprezzo verso gli ebrei: «Malgrado tutto il lavoro sto bene e dormo bene»alludendo alle migliaia di persone deportate e uccise.

 

 

Himmler continua a scriverle anche quando ormai vede solo Hedwing l’amante che potrà dargli i figli maschi desiderati mentre con la moglie avrà solo una figlia femmina molto amata.
«Vado a Auschwitz, baci, tuo Heini» dice alla donna. E ancora su Dacahu che definisce «una impresa straordinaria»: «Abbiamo visitato tutto. L’orto, il mulino, le api. Poi abbiamo visto i libri, dal sedicesimo secolo ad oggi e i quadri dipinti dai prigionieri: bellissimi». Lapa mette insieme i materiali di un’intimità familiare con le immagini di quegli anni: l’effetto è di una voragine, perché come per l’Ecihmann di Arendt, durante il processo, e probabilmente per molti altri, tutto quello era assolutamente ordinario. Tanto da poterne parlare con un linguaggio normale, mescolandolo ai valori della famiglia e all’ipocrisia di una relazione nascosta.
C’è in questo doppio registro» qualcosa di allucinatorio e terribile, che ci conduce però all’essenza della Storia. Qualcosa che non si riesce a definire e che pertanto appare atrocemente umana.