Michele Emiliano punta a passare la tempesta con il rimpastino della sua giunta pugliese. «Non abbiamo fatto niente di male – ha detto ai suoi – Nessun assessore regionale è mai stato toccato da indagini nell’esercizio delle sue funzioni». Neanche Anita Maurodinoia, l’assessora ai trasporti sotto indagine per compravendita di voti e che verrà sostituita dalla consigliera regionale del Pd Debora Ciliento. Accanto a lei, entrano Serena Triggiani, che avrà la delega alla legalità che era stata richiesta dai 5 Stelle al momento di uscire dalla maggioranza, e Viviana Matrangola, attivista di Libera, che si occuperà di ambiente al posto di Annagrazia Maraschio di Sinistra italiana.

Sono proprio queste due nomine a scatenare le polemiche. La nomina di Triggiani sembra andare nella direzione di un riavvicinamento con Giuseppe Conte. Ma dal M5S non commentano direttamente questa mossa, anche se fanno già sapere che non voteranno la la mozione di sfudicia al presidente della Regione presentata dalla destra. «Emiliano non solo non si è dimesso, ma ha dato vita a un mini-rimpasto senza logica – afferma il capogruppo di FdI Francesco Ventola – Ma di questo avremo modo di parlarne quando la mozione di sfiducia che abbiamo depositato, oggi come preannunciato, e che sarà discussa in aula: noi ci auguriamo che avvenga al prossimo consiglio, convocato per il 7 maggio». Matrangola è figlia dell’assessora di Nardò Renata Fonte, uccisa nel 1984 per aver ostacolato la realizzazione di un residence lungo la costa salentina verso Porto Selvaggio. Ma la sua figura sembra lasciare fredda la stessa associazione antimafia dalla quale proviene. Il referente di Libera Puglia, don Angelo Cassano, sottolinea: «Non so nulla di questa scelta alla Regione» e precisa Matrangola «non è dirigente di Libera». E poi: «Ci vuole una rivolta morale etica e culturale nella politica di questa terra e non operazioni estetiche di facciata». Protesta Sinistra italiana, esclusa dalla giunta. «Siamo alla farsa» afferma il responsabile Mezzogiorno di Si Nico Bavaro. Già un anno fa Emiliano aveva tolto ad Annagrazia Maraschio le deleghe sull’urbanistica per darle a un consigliere regionale eletto in Forza Italia e poi transitato nella sua civica. E dopo qualche mese, «con la complicità del M5S» la civica di Emiliano non aveva appoggiato la corsa dell’ex sindaco di Brindisi Riccardo Rossi. «Espellendo dalla maggioranza l’unica vera voce critica – conclude Bavaro – Ma tranquilli, ora c’è l’assessorato alla legalità». Non la pensano così quelli del Pd: «I segnali di cambiamento del presidente Emiliano vanno nella direzione da noi richiesta», fanno sapere.

Intanto in Basilicata, dove il forzista Vito Bardi è stato confermato presidente di Regione, passa all’attacco Angelo Chiorazzo, l’imprenditore del privato sociale che era stato scelto come candidato dal Pd e che poi, su richiesta di M5S e sinistre, ha dovuto farsi da parte. Chiorazzo con la sua lista Basilicata Casa Comune è risultato il candidato più votato con 7284 preferenze. Nel centrosinistra lucano, sostiene adesso, c’è stato «uno spettacolo indecente di veti incrociati, discussioni sul nulla, esercizi di pseudopotere finalizzati solo a distruggere, invece che a costruire. La metà dei lucani se ne è rimasta a casa, legittimamente». Per Chiorazzo, tuttavia, Bardi non ha avuto un’affermazione brillante. «Senza i voti di Azione e Italia Viva, Bardi ha preso gli stessi identici voti di cinque anni fa – prosegue Chiorazzo – Il centrosinistra ha preso 50 mila voti in meno rispetto al 2019, considerando anche quelli allora a favore del M5S: 35 mila in meno questi ultimi, 15 mila gli altri. È un dato impressionante, del quale dobbiamo farci tutti carico».