Rappresentano il risarcimento più grande di sempre i 18,7 miliardi di dollari che la British Petroleum pagherà a cinque «stati del Golfo», Florida, Alabama, Mississippi, Texas e Louisiana, che si affacciano sul Golfo del Messico e quindi sulla prima linea della catastrofe ecologica provocata dall’esplosione della Deepwater Horizon, la piattaforma petrolifera di proprietà della multinazionale britannica. Che provocò nell’estate del 2010 la morte di 11 operai e la peggiore fuoriuscita di petrolio di sempre in acque Usa.

Il 20 aprile di quell’anno il pozzo profondo trivellato dalla Deepwater si trasformò un un geyser di metano, acqua salata e fango a causa di una valvola difettosa. L’incidente provocò l’affondamento della piattaforma e una successiva fuoriuscita incontrollata di greggio durata 67 giorni. Prima che i tecnici riuscissero a tamponare la falla si sparsero nel Golfo 60mila barili di petrolio al giorno per un totale di 4,9 milioni di barili pari a 780 mila metri cubi di greggio; uno spill di molti ordini di grandezza superiore al disastro della Exxon Valdez.

La penale annunciata ieri è frutto di un pattegiamento fra l’azienda petrolifera, il governo federale, quelli dei cinque stati coinvolti e oltre 500 amministrazioni locali costituitesi parti civili. Precedentemente una corte federale aveva trovato responsabile la BP e gli altri soci nella trivellazione – Halliburton e Transocean – di un impatto ecologico devastante giunto ad interessare 180 mila km2 di Golfo e più di 1.700 di costa. Il tribunale era prossimo ad imporre danni che secondo alcune fonti avrebbero superato i 60 miliardi.

La metà della cifra annunciata ieri verrà destinata a risarcire la Louisiana, lo stato più danneggiato dal disastro (e dagli oltre 400 mila litri di greggio rimasti sott’acqua e sui fondali). La marea nera ha devastato l’ecosistema frastagliato e paludoso connesso al delta del Mississippi giungendo ad incatramare le sponde di Lake Ponchartrain su cui si affaccia New Orleans. L’impatto è stato enorme su un’economia locale basata sulla pesca di crostacei e molluschi, sostanzialmente annientata dalla fuoriuscita. Danni che sussistono tuttora e che continuano a danneggiare alcune delle comunità più disagiate d’America nella regione parzialmente francofona del Delta Cajun.

Si tratta, ha commentato ieri l’attorney general Loretta Lynch, del «maggiore concordato con una singola entità nella storia degli Stati Uniti». Ancora da definire le multe per i «partner di minoranza» della Deepwater. Transocean e Halliburton potrebbero comunque verosimilmente dover pagare oltre un miliardo di dollari ciascuno.

Malgrado il disastro Deepwater e il risarcimento imposto, le trivellazioni di profondità sono in forte espansione. A oggi nel Golfo esistono 3400 piattaforme petrolifere, un boom determinato dalla richiesta di idrocarburi in costante aumento e dai favolosi profitti che spingono le multinazionali pertrolifere ad esplorare fondali sempre più profondi. La tendenza nel Golfo è la trivellazione di pozzi ad oltre 200 metri di profondità e che giungono a molti chilometri di profondità geologica – e sono proporzionalmente più rischiosi e difficili da contenere in caso di incidente.

Tuttavia le piattaforme offshore si moltiplicano a largo delle coste americane ma anche messicane, cubane e sudamericane. E la tendenza è replicata nel Mediterraneo come nei mari asiatici e africani. Per rendere l’idea del giro di affari interessato, secondo la stessa BP i costi associati col disastro Deepwater sostenuti a oggi dalla società ammonterebbero complessivamente a oltre 43 miliardi di dollari, eppure la BP continua ad essere fra i maggiori trivellatori nel Golfo. Dopo l’annuncio del risarcimento le azioni BP sono salite del 4,6%.