Tutto ciò che è finisce, vorremmo sussurrare ai quattro ragazzi accampati sotto le stelle, giovani amici smarriti con l’incoscienza della loro giovane età in un’estate che suppongono eterna. Un mondo vastissimo e meraviglioso si stende innanzi a loro e sebbene il dolore, la mostruosità e la sofferenza siano ovunque non è ancora giunto il momento per questo scherzoso quartetto di cedere infine alla pressione delle responsabilità e di pagare l’amaro tributo che il tempo richiederà loro. Decidiamo tuttavia di tacere e di negare la crudele verità, illudendoci così anche noi con questi ragazzi che l’autunno non è alle porte e che ogni domani sorgerà benigno come l’oggi che è tramontato. Da spettatori-attori di questa immensa rappresentazione elettronica sulla malvagità del tempo che è la quindicesima fantasia finale, preferiamo continuare a perderci, ingannandoci ma continuando a gioire nella beltà della natura, confortati dalla tenerezza di un’amicizia incrollabile. Perché è quasi l’alba ed è giunta l’ora di nuove avventure. Quel mostro fatale che è il Dovere può ancora attendere qualche giorno, esorcizzato da una sublime ingenuità.
LA LUNGA ATTESA
Dopo uno sviluppo tormentato durato un decennio è arrivato Final Fantasy XV per Playstation 4 e Xbox One, favoloso viaggio «on the road» attraverso il quale vivremo in maniera drastica il rito di passaggio tra giovinezza e maturità, trascorrendo dalla leggerezza di una commedia alla gravità del dramma. Dalla libertà consentita da una struttura ludica in stile «open world» alla prigionia di una linearità senza via di scampo.
Ambientata in un mondo familiare, talvolta molto simile al nostro anche quando fantastico in maniera iperbolica, questa fantasia finale ci narra l’epopea di Noctis, il malinconico e sognatore principe di un regno annientato dalla guerra, e dei suoi tre accompagnatori: lo scarificato e poderoso Gladio, il raffinato Ignis con l’abilità culinaria di uno chef e Prompto, fotografo compulsivo quanto talentuoso. L’obiettivo di Noctis è quello di raggiungere l’amata Luna per un matrimonio che potrebbe porre fine ai conflitti.
AMICI PER LA PELLE
Prima di ricongiungersi alla bionda, magica ragazza gli autori del videogame ci permettono di esplorare e vivere la gigantesca aerea di gioco per decine di ore, favorendo così l’empatia per i quattro ragazzi e l’approfondimento del loro rapporto amichevole in centinaia di situazioni opzionali e diverse. Le missioni secondarie sono suggestive e innumerevoli: non si tratta solo di sconfiggere i mostri pericolosi per l’equilibrio ambientale di questo mondo lussureggiante o arido, ma di pescare, di correre in groppa ai pennuti «Chocobo», di perlustrare caverne claustrofobiche e tetri manieri in cerca di oggetti rari, di aiutare i contadini con il loro raccolto, di scattare fotografie per il direttore di una rivista le cui sembianze sono identiche a quelle dell’Hurley di Lost, di camminare per chilometri solo per trovare quel tubero con il quale Ignis potrà cuocere un manicaretto, di fermarsi e non fare nulla osservando il panorama.
Trattandosi di un «on the road» si viaggia anche in macchina, ma non tema chi non ama i giochi di guida perché la Regalia, la nera automobile di Noctis, non è una vettura qualsiasi ed essa diventa un vero personaggio grazie all’innegabile carisma meccanico. Inoltre durante i lunghi viaggi in auto potremo ascoltare con l’autoradio le colonne sonore dei Final Fantasy storici, musiche che ci riportano emozioni diverse e lontane da quella che stiamo vivendo ma nello stesso tempo attualizzate dai nuovi luoghi in cui risuonano e dalle emozioni che accompagnano, arricchendo ulteriormente l’ispirata colonna sonora originale delle compositrice Yoko Shimomura.
STILE DI COMBATTIMENTO
Il sistema di combattimento in tempo reale è strategico e spettacolare anche quando così caotico da dare vita ad ipercinetiche, ipnotiche astrazioni marziali vagamente allucinatorie. La frenesia dei combattimenti, mai troppo frequenti, bilancia la stasi lirica e riflessiva dei momenti contemplativi, quelli da cui scaturisce la poesia intimista e romantica di Final Fantasy XV.
Dopo decine di ore trascorse tra i tronchi e i cespugli di fitte foreste di betulle e abeti, sulle spiagge di laghi insondabili, tra i fanghi delle paludi, sulle pendici ardenti di un immane vulcano, tra i canyon di deserti polverosi, sulla riva di mari cristallini, tra i vicoli di città latineggianti e chiassose e tra i canali di una stupefacente pseudo-Venezia e gli altri luoghi che compongono la mappatura di un’area di gioco smisurata e sempre sorprendente, giunge inevitabile il desiderio di proseguire nella storia principale, di sottomettersi alle proprie responsabilità.
FINE DEL VIAGGIO
È con una malinconia estrema che realizziamo che è ora di andare avanti, di smetterla di abbagliarci di giovinezza e finirla di vagabondare. Ci poniamo quindi la domanda fatale di Von Eichendorff: «Perché siamo così stanchi di peregrinare, sarà forse la morte?».
Vediamo riflessa questa consapevolezza negli oceanici occhi numerici dei personaggi e ci sottomettiamo con tristezza al dovere. Così tutto cambia, il registro diviene oscuro fino a tingersi del nero dell’orrore e veniamo incanalati verso una narrazione più convenzionale, serrata e a tratti purtroppo trascurata, anche se i colpi di scena e i segmenti di melodramma spinto, in puro stile Final Fantasy, riscattano alcune gravi ma sporadiche imprecisioni narrative. Inoltre il climax del finale ha una potenza bruckneriana per come accelera le emozioni in un crescendo quasi insostenibile, dopo che queste sono stagnate in un breve, sinistro silenzio.
IL TREDICESIMO CAPITOLO
Potremo tornare, grazie ad un escamotage narrativo, a visitare il mondo nel passato per portare a compimento le missioni secondarie irrisolte, alcune difficilissime, ma non sarà più con la stessa gioia ingenua; quel lucore di una dolce età dell’oro risulta appannato dalla consapevolezza di ciò che abbiamo vissuto nelle ultime ore di gioco. Tanto è comunque il divertimento ricavato dal rivelare ogni segreto nascosto in Final Fantasy XV e completarlo in ogni suo aspetto che conviene non abbandonarlo dopo i titoli di coda. Ma è come guardare le foto raccolte nell’album di Promto, che riassumono in maniera efficace e quotidiana l’epopea: la stessa differenza che c’è tra il vivere e il ricordare.
Final Fantasy XV potrebbe essere considerato un capolavoro mancato, se ci si sofferma laddove arranca per poi sfracellarsi sulle inattese trappole appuntite tese dai suoi momenti meno riusciti, soprattutto il farraginoso tredicesimo capitolo.
Tuttavia il gioco di ruolo sognato da Tetsuya Nomura ma completato da Hajime Tabata va considerato in tutta la sua compendiaria grandezza che non escludendo l’imperfezione la contempla e la annulla nella totalità di un affresco epico e mai disumano. Un’esemplare avventura elettronica sulla giovinezza e il dolore causato dal suo limite, narrata, musicata e resa giocabile con passione e arte. Un’opera unica e necessaria.