C’era una volta la destra italiana che si scagliava contro i 35 euro al giorno per l’accoglienza dei migranti. Un numero che Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno ripetuto così tante volte da trasformarlo in un mantra, nel simbolo assoluto del business, vero o presunto, realizzato sulla pelle dei cittadini stranieri a scapito della spesa sociale per gli italiani. Ebbene il governo più a destra della storia repubblicana ha indetto una «manifestazione di interesse per l’affidamento dei servizi di accoglienza» che prevede un costo quasi triplo. Riguarda la gestione dei centri in Albania, ha la data del 21 marzo ed è stata pubblicata sul sito del Viminale in sordina. Senza comunicati né lanci di agenzia. Infatti se ne è accorto solo il quotidiano Domani con un articolo di Federica Borlizzi e Marika Ikonomu uscito sabato.

I MILIONI PREVISTI per l’ente gestore sono 34 l’anno, ma per capire quanto vale davvero quel numero bisogna dividerlo per i migranti coinvolti e confrontarlo con quello che si spende in Italia in casi analoghi. Partiamo dal testo ministeriale: «I corrispettivi riconosciuti pro-capite/pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano presuntivamente a complessivi € 33.950.139 annui, dimensionati per l’accoglienza massima prevista». Il passaggio è ambiguo perché dietro un’unica somma cela due situazioni diverse: quella di chi viene trattenuto nel centro per le procedure accelerate di frontiera (880 posti) e quella di chi finisce nel Cpr, centro di permanenza per i rimpatri (144 posti). Saranno entrambi ubicati a Gjader, ma con caratteristiche diverse: nella prima struttura si svolge l’iter per l’asilo e teoricamente si resta massimo quattro settimane; nella seconda si viene trasferiti in caso di diniego e si può rimanere fino a 18 mesi. Diversi sono anche alcuni servizi e quindi, in parte, i costi.

La redazione consiglia:
Tagli a università e agricoltura per fare i centri in Albania

IN OGNI CASO dividendo la spesa complessiva per la capienza a pieno regime e i giorni che compongono un anno si arriva «presuntivamente» al costo quotidiano per migrante di 90 euro. A cui vanno sommate le spese che secondo il ministero dell’Interno non si possono calcolare in anticipo ma saranno comunque riconosciute all’ente gestore: servizi di trasporto; manutenzione ordinaria e straordinaria; presidi anti-incendio; assistenza medica. E perfino tutte le utenze: idriche, elettriche, per rifiuti e wifi. Un bel regalo al privato, che riceve in comodato d’uso gratuito anche la struttura. Scopriremo presto il destinatario di codesto trattamento: il bando si chiude domani e l’avvio dei centri è previsto entro il 20 maggio.

PER AVERE UN’IDEA di quanto si guadagna a trattenere i migranti in Albania basti pensare che per il 2024 il Viminale conta di spendere 31,47 euro al giorno per ogni migrante in hotspot (cui va aggiunta una tantum di 5,65 euro per il kit vestiti), mentre il nuovo capitolato d’appalto per i Centri di accoglienza straordinaria (Cas), in via di pubblicazione, ne prevede 38. E qui in genere l’ente gestore paga bollette e affitto e dovrebbe fornire anche i servizi per l’integrazione, visto che si tratta di accoglienza e non di trattenimento. Se guardiamo a quanto lo Stato spende per la detenzione amministrativa, comunque, i conti continuano a non tornare: i dati pubblicati dalla Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild) nel rapporto L’affare Cpr dicono che per il triennio 2021-2023 sono stati stanziati 56 milioni a favore dei privati che gestiscono le 10 strutture attive sul territorio nazionale. La «capienza teorica» complessiva è di 1.105 posti: con un numero di reclusi pressapoco uguale ai 1.024 d’oltre Adriatico, in Italia si spende la metà.

La redazione consiglia:
Magi (+Europa): «Sul patto con Tirana intervenga la Corte dei conti»

«PERCHÈ il Viminale considera la gestione dei servizi più cara in Albania dove il costo della vita è inferiore? L’unica risposta possibile è che vogliono pagare l’ente gestore in maniera sproporzionata. Comprarselo», attacca Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà e membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). Secondo Schiavone il bando è «illegittimo» a causa delle voci di spesa indeterminate, che andavano previste a monte e a valle gonfieranno ulteriormente i costi. «Alla fine si supereranno i 100 euro per migrante al giorno», afferma. «L’Italia, che accoglie meno di gran parte dei paesi Ue come mostrano i dati Eurostat, ha un sistema d’accoglienza nel caos. Migliaia di persone vivono per strada, mentre in Albania per uno straniero trasferito nei nuovi lager fuori confine spenderemo come in un hotel a 4 stelle», afferma Filippo Miraglia, dirigente nazionale di Arci.

LA SPESA pro-capite/pro-die va poi inserita nei costi complessivi del protocollo. Sommando le diverse voci presenti nella legge di ratifica venivano fuori 645 milioni di euro nei primi cinque anni di validità. Se nello stesso periodo all’ente gestore andassero 34 milioni ogni 12 mesi il totale darebbe 815 milioni. Ma Meloni ha ripetuto che la capienza dei centri sarà di 3mila persone: in quel caso anche i fondi per il privato andranno verosimilmente triplicati. E resta ancora un’altra importante casella da riempire: i costi del trasporto marittimo dei migranti dalle acque internazionali al porto di Shengjin.

La redazione consiglia:
Il costituzionalista Bonetti: «L’intesa con Tirana? Uno spreco organizzato di denaro pubblico»

NELLA SPERANZA di avere un giorno tutti i numeri, si può intanto fare una stima sul primo anno: se le 880 persone del centro di trattenimento cambiassero ogni mese si avrebbe un totale di 10.560 (quelle trasferite nel Cpr vanno considerate un sottogruppo). Per tenere lontano dal territorio nazionale l’equivalente dello 0,017% della popolazione italiana, si spenderebbero così 15mila euro a migrante. Ma se, come probabile, le tempistiche ipotizzate dal governo non saranno rispettate, il rapporto percentuale con la popolazione italiana diminuirà mentre aumenterà la spesa pro capite. Forse è un po’ troppo, anche per uno spot elettorale.