Dopo quasi un mese dalle elezioni, ieri pomeriggio, al palazzo da Ajuda di Lisbona, il ventesimo governo del periodo democratico è ufficialmente entrato in funzione.

In realtà, al di là della pompa consona a questo tipo di avvenimenti, lo stato di incertezza rispetto al futuro politico portoghese continua a essere l’aspetto predominante. Pochi sono disposti a scommettere che il Coelho bis possa superare il traguardo degli undici giorni, quando cioè, come previsto dalla Costituzione, il nuovo esecutivo dovrà presentare il suo programma all’Assembleia da Republica.

Le polemiche scaturite dalla scelta e, ancor più, dal discorso proferito dal presidente Aníbal Cavaco Silva lo scorso 22 ottobre hanno superato i confini nazionali, per diventare un caso di rilevanza continentale.

A europeizzare una questione fino a pochi giorni fa di carattere prettamente domestico un articolo del Telegraph – giornale conservatore e anti-europeista britannico – che titolava «L’Europa attraversa il Rubicone proibendo alla sinistra anti-euro di andare al governo».

Tre i punti essenziali che sembrano sfuggire agli osservatori internazionali. Primo: l’intervento della troika non è da interpretare come una mera imposizione di Bruxelles ma è stato il pretesto usato dai conservatori locali – che hanno fatto di tutto per favorire tale epilogo – per portare avanti un progetto di ristrutturazione del welfare state e di privatizzazioni che altrimenti sarebbe stato difficilmente attuabile. Secondo: le elezioni del 4 non sono state vinte dalle sinistre per il semplice motivo che l’idea di riunire in un solo blocco di governo il Partido Socialista (Ps), il Bloco de Esquerda (Be) e il Partido Comunista Português (Pcp) nasce in un momento successivo alle elezioni. Terzo: per il momento, da un punto di vista formale, le procedure previste dalla Costituzione sono state rispettate.

Intanto il percorso di unità a sinistra continua. Sono negoziazioni molto complesse perché, come sottolineato sulle pagine di questo giornale, i progetti dei tre partiti progressisti sono in molti tratti diametralmente opposti tra di loro: da un lato il partito socialista, non del tutto contrario alle politiche austeritarie, e dall’altro Be e Pcp.

Polemiche prive di fondamento quindi? No, è evidente come il capo dello stato stia facendo di tutto per impedire che i socialisti riescano a costruire una coalizione insieme a Be e Pcp.

Non è tuttavia chiaro se Cavaco Silva abbia intenzione di spingersi fino in fondo in un braccio di ferro con il parlamento pur di evitare di nominare primo ministro il leader del partito socialista Antonio Costa.

Al momento non si può affermare che un qualche Rubicone sia stato oltrepassato, per farlo occorrerà aspettare che un patto frentista venga siglato e che la mozione di sfiducia contro il «Coelho bis» sia approvata. Solo allora si potrà dire qualche cosa di definitivo.

Per il momento resta la speranza che, per la prima volta in quarant’anni, finalmente un accordo di tutte le sinistre possa essere davvero raggiunto. E questa sì che sarebbe davvero una bella notizia per il Portogallo e per l’Europa.