«Se non si fanno progressi, significa che si sta tornando indietro». Com’è solito fare, Xi Jinping ha sintetizzato con un antico detto cinese il significato dell’incontro con Antony Blinken. Il segretario di Stato americano è stato ricevuto dal presidente cinese nel pomeriggio, al termine della sua visita di tre giorni. Entrambe le parti hanno sottolineato più volte che l’obiettivo dei colloqui era quello di mantenere il dialogo, ma hanno usato l’occasione soprattutto per ribadirsi quanto sono in disaccordo. «Dovremmo essere partner, non rivali. Noi siamo pronti a cooperare ma per farlo bisogna essere in due», ha detto Xi, prima di mandare alcune frecciatine. «Non si può dire una cosa e poi farne un’altra», ha accusato, prima di invitare Washington a non impegnarsi in «piccoli circoli», in riferimento alle manovre regionali degli Usa che secondo la Cina sono mirate a costruire una sorta di Nato asiatica dedita al suo contenimento.

ANCHE BLINKEN non ha risparmiato critiche. Alla fine degli incontri, ha dichiarato alla Cnn che ci sarebbero le prove del tentativo della Cina di «influenzare e interferire» con le elezioni presidenziali americane del prossimo novembre: «Lo consideriamo totalmente inaccettabile», ha detto, prima di sottolineare la possibile adozione di nuove sanzioni contro istituzioni finanziarie cinesi per il presunto sostegno alla Russia: «Siamo del tutto pronti ad agire per adottare misure aggiuntive. L’ho detto molto chiaramente. La Russia avrebbe maggiori problemi nella guerra contro l’Ucraina se non avesse il sostegno della Cina. E così facendo sta contribuendo ad alimentare la più grande minaccia alla sicurezza dell’Europa dalla fine della guerra fredda».
La questione del presunto invio di componenti e beni con doppio uso è stata al centro delle discussioni tra Blinken e il ministro degli Esteri Wang Yi, il vero cuore diplomatico della giornata. Le accuse americane vengono bollate come «false» e «ipocrite». Nella prospettiva cinese, sono proprio gli Usa a «gettare benzina sul fuoco» continuando a inviare armi in Ucraina invece di favorire un negoziato. Posizione che Wang ha ribadito, ammonendo: «Le relazioni si sono in generale stabilizzate, ma i fattori negativi continuano ad aumentare e ad accumularsi» tanto che i rapporti rischiano di tornare a una «spirale discendente». Tra i nodi principali c’è ovviamente Taiwan, la prima delle «linee rosse» che Wang ha chiesto agli Usa di «non calpestare» su «sovranità, sicurezza e interessi di sviluppo della Cina». A Pechino osserveranno con attenzione i movimenti della delegazione americana inviata all’insediamento del neo presidente taiwanese Lai Ching-te, previsto il 20 maggio.

IL RIFERIMENTO di Wang non è comunque solo allo Stretto, ma anche alle dispute territoriali con le Filippine nel mar Cinese meridionale e al rafforzamento del sistema di alleanze di Washington nell’Asia-Pacifico. Quando Wang parla di sviluppo pensa invece alle restrizioni e alle tariffe che gli Usa potrebbero presto introdurre su batterie, pannelli solari e auto elettriche.
Blinken ha spiegato che il dossier TikTok non è emerso nei colloqui, ma intanto la casa madre cinese ByteDance non pare intenzionata a cedere l’app di video brevi, come impone di fare entro nove mesi la legge firmata nei giorni scorsi da Joe Biden. Troppo importante l’algoritmo, alla base anche del funzionamento di Douyin, il “gemello cinese” di TikTok. Senza un complicato scorporo degli algoritmi, che potrebbe consentire di evitare il no del governo di Pechino, l’azienda preferirebbe andare incontro al divieto. Sempre che TikTok esca sconfitta da una battaglia legale che ha già annunciato di voler combattere in tutte le sedi possibili.

TRA I TANTI ostacoli, spunta anche qualche spiraglio di cooperazione. Per esempio sull’intelligenza artificiale, tema su cui sono stati annunciati i primi colloqui bilaterali nelle prossime settimane. Rilevante anche l’incontro tra Blinken e Wang Xiaohong, ministro di Pubblica sicurezza, durante il quale si è convenuto di intensificare il contrasto al traffico illegale di fentanyl, oppioide responsabile di decine di migliaia di morti all’anno negli Stati uniti.

COMUNE auspicio anche sull’aumento degli scambi culturali e universitari, mentre Blinken ha riconosciuto alla Cina un possibile ruolo per «favorire il calo delle tensioni in Medio oriente». In queste ore, tra l’altro, i rappresentanti di Hamas e Fatah starebbero parlando proprio in Cina. Secondo il quotidiano libanese al-Liwaa, sono a Pechino due delegazioni. La prima sarebbe guidata dal vice capo dell’ufficio politico di Hamas, Moussa Abu Marzouk, la seconda dal membro del comitato centrale di Fateh, Azzam al-Ahmad. A metà marzo, l’inviato cinese Wang Kejian aveva incontrato in Qatar il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh.