La disparità di trattamento tra gli ex interinali e gli altri lavoratori nelle fabbriche Fca – già raccontata da il manifesto – si estende ora anche all’indotto industriale, in particolare a Melfi, dove nel consorzio Acm (Autocomponentistica Mezzogiorno), accanto a un utilizzo esagerato della somministrazione lavoro, la Fiom Basilicata denuncia sistematiche violazioni del principio di parità di trattamento tra i lavoratori, previsto da una direttiva del Parlamento e del Consiglio europei, dal contratto nazionale delle agenzie per il lavoro e a dall’articolo 35 del Jobs Act.

Nato con lo scopo di assicurare una fornitura integrata della componentistica auto allo stabilimento Fiat di Melfi, il consorzio Acm raggruppa 19 aziende. Su un totale di circa 3 mila dipendenti, fino a un anno fa, con l’avvio dei nuovi modelli i lavoratori somministrati erano più di 1000; oggi, complice il calo produttivo, se ne contano circa la metà. Tutti gli altri non hanno visto rinnovato il proprio contratto.

Nonostante gli sgravi contributivi offerti dal governo alle imprese che stabilizzano i propri dipendenti con il Jobs Act, il consorzio Acm non ha fatto neanche una stabilizzazione.

«Hanno preferito avere un esercito di riserva di persone ricattabili che si possono spremere e buttare al bisogno – spiega Roberto D’Andrea, segretario Fiom Cgil Basilicata. In Acm – prosegue – ci sono le stesse produzioni ormai da più di due anni, ma i contratti sono comunque settimanali, giornalieri, mensili quando va bene. Una situazione di precarietà estrema in cui il lavoro somministrato, che dovrebbe servire ad assecondare i picchi produttivi, è in realtà utilizzato stabilmente come fosse un lavoro a chiamata, in modo improprio, con la chiara volontà di tenere sotto scacco i lavoratori. Alcune aziende – aggiunge – utilizzano addirittura cassa integrazione e somministrazione insieme».

Dai conteggi effettuati dalla Cgil sulle buste paga, i somministrati in Acm risultano inoltre sotto inquadrati rispetto alle mansioni svolte, con un ammanco annuo di circa 3000 euro, a cui va sommata la mancata corresponsione del premio di risultato.

Su quest’ultimo punto si è recentemente messa una toppa con la firma di un accordo, siglato da Uiltemp, Felsa-Cisl e Nidil-Cgil, grazie al quale le agenzie per il lavoro hanno cominciato ad erogare la parte del premio di risultato mancante, ma non tutte.

Tiberina Melfi, azienda già nota alle cronache per aver negato lo scorso anno il diritto di assemblea agli ex interinali, ha infatti fatto firmare ai lavoratori in regime di somministrazione una conciliazione per ottenere la rinuncia a quanto dovuto avvalendosi dell’assistenza della sola Fismic, sigla sindacale che non ha sottoscritto né l’accordo sul premio ai somministrati, né il contratto nazionale della somministrazione lavoro. Operazione definita da Cgil-Cisl e Uil, in una nota congiunta, «truffaldina».

L’azienda in questione, alla quale i sindacati hanno chiesto un incontro senza ottenere finora alcuna risposta, a Melfi conta circa 200 dipendenti, ma è parte di Tiberina Group, presente nell’indotto Fca su tutto il territorio nazionale con oltre 2000 dipendenti e uscita da Confindustria nel 2012, sulle orme della Fiat di Sergio Marchionne. Da parte dei sindacati sono in corso delle verifiche per capire se simili atteggiamenti sono rintracciabili anche in altre fabbriche del gruppo.