È la prima volta dal 2009 che Isfahan, la seconda città iraniana, insorge dopo l’Onda verde che si opponeva alla rielezione dell’ex presidente Mahmud Ahmadinejad. Questa volta però la ragione per cui uomini e donne, giovani e studenti (anche a Tehran ci sono state manifestazioni), sono scesi in piazza è un’altra. I manifestanti gridavano: «Polizia, dove sono gli occhi di mia sorella?». La folla faceva riferimento a chi si è reso responsabile di aver sfregiato con l’acido sei donne iraniane (forse dieci, secondo fonti indipendenti), colpevoli di non essere «velate bene». Alcune delle ragazze hanno perso gli occhi. «Ho visto una grande folla e ho sentito che un nuovo attacco contro una ragazza aveva avuto luogo», spiega Morvarid Moshtahgian, 19 anni. «Ora ho paura di camminare per strada e mi spaventa sentire le moto che si avvicinano», prosegue la giovane testimone. Per il momento, quattro sono gli arrestati.

L’episodio di Isfahan è strettamente legato alla nuova legge ([/ACM_2]Amr-e be marouf va nahi az monkar – Propagare la virtù e prevenire il male), approvata nei giorni scorsi dal parlamento, sull’estensione dei diritti sanzionatori a tutti i cittadini contro chi non rispetta i costumi della Repubblica islamica. Lo stesso presidente moderato Hassan Rohani ha criticato la legittimità della nuova legge. I metodi usati in questo caso specifico (dalle moto fino all’obiettivo di «donne velate male») fanno pensare a uno dei tanti gruppi paramilitari; in particolare, secondo alcune fonti, sarebbero coinvolti gli Ansar-e Hezbollah. Questo non significa che non siano criminali comuni ad aver perpetrato l’attacco. Spesso sono proprio piccoli criminali a gonfiare le fila dei paramilitari. La nuova legge – infatti – è pericolosa, ma ha il pregio di smascherare l’ambiguo rapporto tra paramilitari e cittadini comuni in Iran. Di recente, proprio Ansar-e Hezbollah aveva annunciato che avrebbe assoldato 2 mila persone come polizia moralizzatrice. Il ministro della giustizia Mostafa Pour Mohammadi ha condannato l’attacco con l’acido un «atto terroristico».

Come se non bastasse, l’avvocato Nasrin Sotoudeh ha organizzato un sit-in, poi disperso dalla polizia, con il sostegno anche del regista Jafar Panahi, alle porte del quartier generale del sindacato degli avvocati per protestare contro la decisione della Corte di Evin di sospendere la sua licenza per 3 anni. Secondo l’attivista, altri avvocati rischiano la stessa sorte nella loro attività legale. «La decisione del tribunale è illegale e apre un precedente per altri avvocati in futuro», ha aggiunto.

L’Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani ha protestato contro la decisione della Corte. Anche il gruppo delle Nazioni unite sulle detenzioni arbitrarie (Wgad) ha dichiarato illegale il processo contro Sotoudeh. L’avvocato era stata arrestata con le accuse di propaganda e cospirazione nel 2010 dopo aver difeso i principali attivisti coinvolti nelle proteste del 2009. Nel 2011 era stata condannata a 11 anni, poi ridotti a 6, con una sospensione dall’attività di avvocato per 10 anni. La sentenza è stata poi sospesa per mancanza di giurisdizione da parte della precedente corte. Sadeq Larijani, capo del sistema giudiziario iraniano, ha condannato i report delle Nazioni unite sulle violazioni dei diritti umani in Iran e le ha classificate come una guerra psicologica perpetrata dall’Occidente. Secondo Larijani, le violazioni sono false e «chiunque venisse a conoscenza di queste accuse capirebbe che si tratta di una vuota campagna psicologica lanciata dall’Occidente». Infine, colpi di mortaio tra Iran e Pakistan sono stati scambiati lungo il confine tra i due paesi nella città di Mashkail. Secondo Islamabad, un soldato è morto e altri tre sono stati feriti dalle guardie iraniane. Il Sistan e Baluchistan è il centro di scontri tra forze di sicurezza iraniane, contrabbandieri di oppio e ribelli sunniti da anni.

La scorsa settimana si è tenuta a Tehran una riunione per una cooperazione rinforzata tra le intelligence dei due paesi, mentre all’inizio dell’anno, quattro soldati iraniani sono stati sequestrati e portati in Pakistan da militanti sunniti.