Si mette male per Jair Bolsonaro e per il suo cerchio magico, dopo l’operazione «Tempus Veritatis» in cui è sfociata l’indagine della Polizia federale sull’assalto alle istituzioni sferrato l’8 gennaio 2023, una settimana dopo l’insediamento di Lula.

Il presidente del Tribunale supremo elettorale, Alexandre de Moraes, con il parere favorevole della Procura generale della Repubblica, ha disposto quattro arresti preventivi più una serie di perquisizioni, sequestri di documenti e misure cautelari alternative al carcere per 48 soggetti. Tra questi c’è anche lui, l’ex presidente brasiliano, che non potrà lasciare il paese (deve consegnare il suo passaporto alle autorità entro 24 ore).

In manette sono finiti il suo ex consigliere speciale per la politica internazionale di Bolsonaro, Filipe Martins, insieme ai consulenti militari colonnello Marcelo Costa Câmara, colonnello Bernardo Romão Correa Neto e il maggiore delle forze speciali Rafael Martins de Oliveira. Considerati fulcro di «un’organizzazione criminale che agiva nel tentativo di compiere un colpo di stato e di abolire lo stato di diritto democratico per ottenere un vantaggio politico con il mantenimento al potere dell’allora Presidente della Repubblica».

Bolsonaro avrebbe vagliato e leggermente modificato un piano per l’esecuzione del golpe, eliminando l’arresto di due alti funzionari, il giudice Gilmar Mendes della Corte Suprema e il presidente del Congresso Rodrigo Pacheco.

Gli accusati avrebbero orchestrato da prima delle elezioni una campagna di fake news, finanziato la mobilitazione e gestito la logistica dei sostenitori di Bolsonaro e dei soldati delle forze speciali a Brasilia. Lula non ha voluto commentare: «Si tratta – ha detto – di una questione di polizia, una questione di giustizia, non spetta al presidente della Repubblica specularci su».