Da Salam Fayyad non è arrivata, almeno non ancora, la smentita a quanto pubblicato nei giorni scorsi da un giornale arabo, il kuwatiano al Rai, e ripresa da altri quotidiani, su un presunto “colpo di stato” in fase di organizzazione da parte di alti funzionari palestinesi a Ramallah per rovesciare il presidente dell’Anp Abu Mazen. Proprio l’ex premier palestinese, secondo queste rivelazioni, sarebbe stato uno dei protagonisti della vicenda e il fatto che non abbia pensato di smentire pubblicamente queste voci ha contribuito ad alimentare i sospetti. Fayyad si è limitato a confermare la perquisizione del suo ufficio da parte di agenti della sicurezza palestinese, per motivi non precisati.

 

Ai vertici dell’Anp tacciono. Tuttavia una fonte vicina a Fatah, il partito di Abu Mazen, che ha accettato di parlare in condizione di anonimato, ci spiegava ieri che se da un lato è esagerato parlare di tentato “colpo di stato”, dall’altro è vero che non pochi ai vertici dell’Anp e di Fatah ritengono il presidente un “peso” da rimuovere per ridare slancio alla leadership del popolo palestinese. «Queste persone – ha detto la fonte – non approvano la linea di Abu Mazen, troppo morbiba con Israele e gli Stati Uniti, e vorrebbero azioni più decise che, invece, non sono avviate (dal presidente). Non si tratta di estremisti, sono esponenti moderati di Fatah e di altre fazioni o politici indipendenti che chiedono iniziative vere per la realizzazione dei diritti dei palestinesi, anche per contrastare la crescita del consenso per Hamas che si registra in Cisgiordania». Ad esempio, ha concluso la fonte, «in Fatah molti pensano che durante l’aggressione israeliana contro Gaza, Abu Mazen avrebbe dovuto prendere una immediata posizione a sostegno della popolazione (di Gaza) e non lasciare la difesa dei palestinesi solo ad Hamas. Il suo ingresso in campo è stato tardivo». Non riscuote fiducia peraltro anche l’iniziativa lanciata da Abu Mazen di chiedere all’Onu di fissare il calendario del ritiro israeliano dai Territori occupati. Tanti la ritengono “simbolica”, destinata a spegnersi tra breve.

 

Senza dubbio non sono degli estremisti i “golpisti”, meglio sarebbe definirli “frondisti”. Al Rai ha indicato oltre a Salam Fayyad, l’ex capo dell’intelligence generale Tawfik Tirawi, e il segretario generale dell’Olp Yasser Abed Rabbo, leader fino a qualche anno fa del partitino centrista Fida. Dietro le quinte avrebbe agito anche il “nemico numero uno” di Abu Mazen, l’ex uomo forte di Fatah Mohammed Dahlan, espulso dal partito, costretto all’esilio dorato di Dubai e che non rinuncia a manovrare contro il presidente dell’Anp pur di ritornare da vincitore a Ramallah (con questo fine a inizio anno ha persino avviato contatti con i suoi avversari storici, i leader di Hamas).

 

Abu Mazen e i suoi collaboratori sarebbero stati sorpresi dal coinvolgimento di Fayyad. Da quando non è più primo ministro, Fayyad guida una organizzazione no-profit di Ramallah che durante l’offensiva israeliana “Margine Protettivo” ha lanciato una massiccia campagna di invio di aiuto alla popolazione di Gaza che ha fatto storcere il naso nell’ufficio della presidenza dell’Anp dove si guarda sempre con sospetto a chi cerca di conquistare consensi popolari a danno del presidente. Non sorprende che poi sia stato deciso di istituire una commissione legale per esaminare le leggi e i regolamenti che disciplinano l’attività di tutte le organizzazioni non governative. Fayyad, fanno sapere i suoi collaboratori, pensa che sia essenziale intraprendere un lavoro di sviluppo di aree palestinesi emarginate, con un focus particolare su Gerusalemme est, Gaza e l’Area C della Cisgiordania, dove più intense si sono fatte le politiche di colonizzazione di Israele.

 

A mettere in allerta l’entourage di Abu Mazen sarebbero stati i servizi segreti israeliani, con i quali l’Anp continua a mantenere una stretta cooperazione di sicurezza, attraverso l’ “ufficiale di collegamento” Hussein Sheikh, il dirigente di Fatah noto in passato per aver fatto la guerra al segretario del partito in Cisgiordania, Marwan Barghouti, arrestato nel 2002 dall’Esercito israeliano e condannato a cinque ergastoli. Dopo la “soffiata” la sicurezza interna dell’Anp, su ordine di Abu Mazen, ha messo sotto controllo i telefoni e i conti bancari di diversi dirigenti dell’Anp e di Fatah.

 

La presunta scoperta del “colpo di stato” in via di organizzazione segue l’annuncio dell’arresto da parte di Israele, lo scorso 18 agosto, di 93 membri di Hamas in Cisgiordania che avrebbero, anche loro, complottato per rovesciare Abu Mazen. Il movimento islamico ha definito questa notizia una “sciocchezza”. Invece il presidente ha ordinato l’apertura di indagini e nei giorni scorsi in Qatar ne avrebbe lungamente discusso con il capo dell’ufficio politico di Hamas, Khaled Meshaal, a margine dei colloqui sull’offensiva israeliana contro Gaza e sul cessate il fuoco scattato martedì sera.