C’è una bella donna dai capelli rossi che indossa un vestito rosso sul palcoscenico di un teatro: è seduta per terra, alla sua destra compare un grosso cerchio come una ruota della vita che cammina da solo, animato da nulla, un enorme hula-hoop a misura d’uomo, il cerchio dentro cui sosta a braccia tese come un Cristo in croce l’uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci.
La danzatrice si alza in piedi e gli corre incontro come davanti all’arrivo di uno spasimante a lungo atteso. Lo ferma con la mano, lo trattiene non tenendolo, come un amico ritrovato.
Il cerchio gira in tondo e su se stesso e la ragazza gli sorride, lo schiva, lo sfiora, ingaggia con lui una danza che è una lotta, che è un terreno di scambio, che è un’emulazione allo specchio di movimento, flessuosità, azione reazione a catena. I movimenti fluidi e naturali del cerchio vengono modulati sul corpo della donna, il cui petto le braccia la testa e il ventre accolgono e dirigono la ruota della vita.

Come le lancette di un orologio le sue gambe e le sue braccia si spostano nel quadrante rotatorio, come se il movimento non esistesse, come se tutto fosse fermo e veloce allo stesso tempo. Il cerchio è il suo confidente, tra i due intercorre un rapporto paritetico, la giovane lo controlla con l’insostenibile leggerezza dell’essere. Lo salta senza sfiorarlo, lo accarezza senza ferirlo, senza mai interrompere il ciclo costante della rotazione, ci vola dentro tenendosi aggrappata con arti muscolosi poggiando i piedi al lato opposto del perimetro della circonferenza.

Equilibrio vertigine meccanicismi rivoluzione tutti i parametri sballano, tutto diventa relativo, tutto gira tutto torna, un lavoro magico sorprendente che lascia senza parole nemmeno per essere descritto… Il richiamo della foresta della danza, della poesia, del movimento vitale: quattro minuti e trentatrè secondi di gioia perfetta.
Come un fidanzato che si corteggia e si vuole far soffrire, Angelica Bongiovonni tiene sulla corda il cerchio mantenendolo sospeso, in equilibrio, guardandolo e seducendolo, facendo sì che rispetti delle regole implicite, che non si sottragga alla vicendevole relazione tra lei e lui, lo manda via e lo richiama, lo cerca e lo trova, lo fugge e lo riprende in un continuo scambio di ruoli, come l’amore, come la ludicità del corteggiamento in cui ancora non si capisce se l’altro corrisponda il sentimento o meno. Il vestito rosso dall’ampia gonna a campana è corona, petali, bocciolo nascosto.

Tutto ruota, tutto è vita, tutto torna. È moneta rotolante, è rolling stone, è immagine della natura, è armonia assoluta connaturata allo spazio, è la cosa più equilibrata che esista nella perdita totale di equilibrio.
È volo, energia, sogno. È molla, è spaccata, è ribaltata, è acrobazia pura, è circo, è musica. È applauso a scena aperta, è uomo Vitruviano, donna delle caverne, è Eva che deve mangiare la mela. È la grazia e la potenza, la leggerezza e la forza, uovo di colombo, è bambina che gioca con l’hula-hoop, è il passato e il futuro e il presente. È il cerchio della solitudine, l’ego, è il doppio, è l’Es.
(A questo punto sono in un vortice, come minimo, cerco un cerchio di gravità permanente, please)

fabianasargentini@alice.it