Rispondiamo con convinzione all’appello del manifesto per il 25 aprile a Milano. In quella piazza porteremo anche i nostri corpi di operai licenziati, insieme a tutti coloro che hanno aderito in queste settimane.

Riguardo agli ultimi fatti alla ex Gkn di Campi Bisenzio abbiamo usato l’espressione: «Ciò che di più fascista abbiamo conosciuto nella nostra vita, almeno da Genova ad oggi». Non si tratta di agitare un pericolo generico, il fascismo, storicamente inteso, non è dietro l’angolo e certamente non nelle stesse forme. Ma il bisogno sempre più selvaggio del capitale di estrarre ricchezza, così come l’escalation bellica, fanno sì che alcuni meccanismi ritornino. Magari in forma molecolare, in miniatura. Osservarli, coglierli, libera il nostro antifascismo dalla retorica celebrativa. Lo rende forza sociale, non rito.

Non sono forse atti di squadrismo gli attacchi che da anni registriamo contro i picchetti nella logistica? E anche nella vicenda ex Gkn, cogliamo analogie storiche. Non siamo alla grande paura delle classi dominanti dell’occupazione delle fabbriche del 1919-20. No, di certo. Ma siamo comunque al tentativo di trasformare l’assemblea permanente più lunga della storia del movimento operaio, nata il 9 luglio 2021 per contrastare i licenziamenti e preservare la fabbrica, da un fatto sociale a un tema di ordine pubblico. Ciò che si vuole cancellare è il respiro stesso del sindacato: diritti collettivi e organizzazione collettiva. Allora si smette di pagare gli stipendi, non si applica il contratto, non si consegnano le buste paga, si propone una trattativa individuale lavoratore per lavoratore al posto della procedura di licenziamento collettivo, laddove la legge impone un piano sociale e una trattativa collettiva.

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Ma visto che il diritto sindacale si fonda in parte anche su quello democratico generale, si deve inibire anche l’applicazione di quest’ultimo. La partecipazione di un sindaco al presidio di operai senza stipendio e lavoro? Appoggio agli illegali. Si riapre finalmente un tavolo al Ministero? Si scrive al Viminale per trasformarlo in un Tavolo di Sicurezza. In pratica si chiede che un esecutivo nazionale sia giudice e boia di una lotta, con tanto di pressione psicologica su prefetture e procure che non agiscono. E infine, e anche qua l’analogia ulteriore, in miniatura, con alcuni meccanismi fascisti, bisogna agire con mezzi “altri” per spostare il baricentro della “legalità” in senso autoritario: guardie private, agenzie di investigazioni e spionaggio, perfino caporali travestiti da operai aziendalisti, come nel caso di MondoConvenienza. Se gli scioperanti semplicemente resistono, allora si corre a denunciarne l’illegalità e si provoca l’intervento delle forze dell’ordine.

Gli sfruttati vengono disumanizzati: non sono soggetti sociali in lotta per i propri obiettivi, ma eversivi che stanno lì per strani calcoli. No, non siamo nel 1920-21, quando con ben più livore venivano bruciati teatri, circoli ricreativi e giornali. Stiamo parlando di meccanismi in miniatura. Piccoli segnali, che sarebbero spazzati via in un attimo se solo le istituzioni o la stampa “democratica” volessero. E invece, un misto di sottovalutazione e complicità, ribalta il senso comune. Le provocazioni dei vigilantes al presidio operaio diventano «operai attaccano vigilantes». Nel frattempo, cala un silenzio incredibile su un atto di potenziale intimidazione mafiosa: nella notte di martedì 3 aprile, ignoti forzano la cabina elettrica ad alta tensione della fabbrica e staccano la corrente elettrica all’intero stabilimento.

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Le analogie con il fascismo le vediamo anche nella frantumazione del «nostro campo di classe», nella perdita di credibilità che scontiamo. In un movimento operaio organizzato che è presente sì, ma non efficace e risolutivo nelle proprie azioni. Mentre quello di cui avremmo bisogno sono scelte “radicali”, che vanno alla radice dei problemi, attorno alle quali fare “blocco sociale” di tutte le vertenze, di tutte le sofferenze sociali.

Alla ex Gkn ci stiamo giocando un precedente che impatta sul diritto sindacale nel suo complesso. E non ci possiamo permettere di perdere. Cercheremo di non fare tramontare il sole: dall’alba del 25 aprile a quella di una nuova mobilitazione per l’intervento pubblico, qui e ora.