Fino a Natale era una ragazza serena, perché non le avevano ancora regalato il famigerato iPhone ed era quindi esente dal dover stare dietro alle maldicenze gratuite della rete. Ma nessuno riesce a scampare al becco maligno dell’uccellino di Twitter. Ci è rimasta male Nina Zilli per la famosa giornalista che le avrebbe gentilmente consigliato di andare a lavare le scale. Eppure bisogna farsene una ragione «dare a queste cose il peso che hanno, cioè quello di 140 caratteri» e fare lo sforzo di restarci, sui social, nonostante «sia come un dinosauro alle prese con un frullatore! Però continuo a usarli perché so che i miei fan vogliono sapere che cosa combino e perché mi piace in qualche modo regalare qualche cosa di me».
Che siano virtuali o meno, d’altronde, critiche ce ne sarebbero sempre e comunque. Soprattutto se sei bella, nel suo caso bellissima. Tanto più se il brano con cui ti presenti a Sanremo si intitola Sola e di per sé è già un programma. «Sola è una canzone da strizzacervelli! Nel senso che per me la musica significa tante cose, tra queste è anche una forma di psicoanalisi. Sia che la ascolti ma ancor di più quando la faccio. Sola è un pezzo che ho scritto di getto, molto velocemente, e quando l’ho finito e ho riletto il testo ho pensato tra me e me: grazie di questa seduta. E non mi è neppure costata un euro». «È una canzone che dedico a chi ha il coraggio di affrontare la solitudine, che non è per nulla una cosa semplice da fare. Eppure, questo incontro inevitabile con se stessi, una volta superato quel baratro di tristezza e spesso disperazione in cui si può cadere, ti permette di fare un piccolo ma magnifico passo in avanti che magicamente si lascia ogni dolore alle spalle».

Scritto in un momento di singletudine, poco dopo aver terminato una relazione, il brano affronta un classicone pop che più non si può «perché la vita è uguale per tutti. Non importa che lavoro uno faccia o che ruolo rivesta nella società. Viviamo tutti le stesse cose. Tutti, siamo e ci sentiamo soli, anche in mezzo a tanta gente». Lei quel balzetto oltre la malinconia l’ha fatto e il futuro è roseo. Il Festival è l’occasione ideale per presentare al pubblico il suo terzo disco Frasi&Fumo (Universal), che prosegue la costruzione di un repertorio musicale e di un immaginario artistico ben chiaro, in cui si incontrano gli amori e i riferimenti musicali di Nina. Il soul targato Atlantic e Motown, il blues, il jazz, la verve e l’incanto di Nina Simone e di Etta james. Oltre ad alcuni totem della canzone italiana, da Bindi a Morricone a Massimo Ranieri, di cui ha cantato anche la cover di Se bruciasse la città nella serata della kermesse dedicata ai successi del passato.

Il titolo dell’album «è anche il titolo della prima canzone che avevo scritto per il progetto nuovo. Non è politically correct, anche perché sono una fumatrice… parla di nuovi inizi.
Che sono sempre costellati di gioia ma anche di aspettative e punti di domanda. Attimi in cui ti chiedi come andranno a finire le cose, se quelle emozioni che stai provando e le parole che stai pronunciando e ascoltando resteranno, se diventeranno reali oppure si perderanno nell’aria, come boccate di fumo». Nina fa tutto da sola, lavora a casa e scrive testi e arrangiamenti. Tra gli altri, al nuovo disco, ha collaborato con Neffa e con Mauro Pagani, che è il produttore. Non vede l’ora di partire per la tournée «sono una cantante, amo ogni posto dove si possa cantare! Che sia un teatro o un club, con quell’energia sudata e fumosa, con la caldazza e l’umanità che ti avvolge a ogni nota». Magari vestita ancora da Vivienne Westwood « non riesco a staccarmi da lei, è perfetta per me. Glam e chic, ma anche folle e punk. Come sono io». Una serie di concerti che inizieranno ad aprile.