Le autorità slovene preferiscono definirli, con un eufemismo, «ostacoli tecnici temporanei» utili a gestire meglio il passaggio dei migranti, ma in realtà quello che Lubiana ha cominciato a costruire ieri al confine con la Croazia è l’ennesimo muro nel cuore dei Balcani. Una decisione accolta decisamente male dal governo di Zagabria, che ha subito accusato il suo vicino di aver sconfinato erigendo la barriera in territorio croato e minacciato di inviare l’esercito per smantellarla. Contribuendo così a innalzare ulteriormente la tensione in un’area in cui gli equilibri sono già considerati precari. Tutto questo avviene mentre a Malta un’Unione europea sempre più preoccupata per quanto accade in Europa, incontra i leader di 35 paesi africani nella speranza di raggiungere con loro un difficile accordo che possa arginare il flusso dei migranti.
Da quando, il 17 ottobre scorso, è cominciata la seconda ondata migratoria lungo la rotta balcanica, fino a oggi sono entrati in Slovenia 171.130 migranti, che hanno proseguito la loro marcia verso il confine austriaco e poi, da lì, in Germania. Adesso però Lubiana teme che sia Vienna e che Berlino decidano di diminuire sensibilmente il numero di profughi che sono disposti ad accogliere, se non addirittura di chiudere le frontiere. Timori rafforzati nelle ultime ore anche dall’annuncio fatto dal governo tedesco di ripristinare il regolamento di Dublino per i profughi siriani. Come se non bastasse, le autorità slovene si attendono arrivi massicci, anche 20-30 mila migranti, già a partire da oggi. Uomini, donne e bambini che nel caso l’Austria dovesse chiudere il proprio confine finirebbero inevitabilmente col restare in Slovenia. La decisone di costruire il muro è dunque preventiva, visto che Lubiana non vuole ritrovarsi a dover gestire una crisi per la quale ha già investito 73 milioni di euro per il 2016, soldi che adesso chiede a Bruxelles di restituire attingendo al fondo di 9,2 miliardi di euro stanziati dall’Ue per il 2015-2016 proprio per far fronte alla crisi dei migranti.
Ragionamenti che dall’altra parte del confine, quella croata, non hanno trovato orecchie disposte all’ascolto. Anzi: «La barriera di filo spinato al confine con la Croazia è uno spreco di denaro – ha detto il ministro degli Interni Ranko Ostojic – e alla Slovenia sarebbe molto più utile allestire un centro di accoglienza e transito adatto alle condizioni invernali, simile a quello che croato aperto dieci giorni fa a Slavonski Brod». Toni che poi si sono alzati fino a sembrare veri e propri avvertimenti nelle parole usate da fonti del governo di Zagabria: «I cittadini croati possono stare tranquilli poiché il governo è pronto a reagire a ogni situazione» hanno avvertito, assicurando che il governo «saprà proteggere gli interessi nazionali».
Rumori sinistri, ai quali si aggiungono le notizie in arrivo da Svezia e Danimarca, con la prima che annuncia anch’essa controlli alla frontiera per 10 giorni per fermare i migranti e la seconda che avverte di stare preparando norme più severe per far fronte all’incremento di richieste di asilo.
Notizie che, molto più a sud, non devono far piacere ai capi di Stato e di governo dell’Ue impegnati a Malta nel cercare la collaborazione dei colleghi africani. Un primo accordo sarebbe stato già stato firmato con l’Etiopia, che potrà accedere al fondo fiduciario di 1,8 miliardi di euro creato dall’Ue e messo a disposizione dei paesi africani disposti a collaborare nel fermare i migranti (tutto da vedere come lo farà l’Etiopia). ma per Bruxelles questa sarebbe l’unico nota positiva, visto che trattative con gli altri leader presenti al vertice si sarebbero arenate. L’Europa chiede infatti un programma di riammissione dei migranti economici in modo da rendere più facili le espulsioni, ma anche che funzionari di polizia degli Stati africani si rechino in Europa per identificare i connazionali e la creazione di campi di raccolta nell’area sub-sahariana dove registrare i migranti. Un’ipotesi che non è piaciuta alla presidente dell’Unione africana Nkosazana Dlamini Zuma: «In qualunque modo li chiamaremo – ha detto al vertice – diventeranno de-facto dei centri di detenzione». I leader africani temono che l’Europa voglia solo scaricare il problema sulle spalle dell’Africa e chiedono invece ingressi legali per gli africani. Come si intuisce, posizioni decisamente distanti tra loro.