La sostenibilità entra a pieno diritto nell’università. La Sapienza, la più antica università di Roma e la più grande d’Europa, ha inaugurato il nuovo corso di formazione, chiamato «Le Scienze della sostenibilità: la transizione culturale, ecologica e digitale», con una lezione zero nella sala del Senato accademico la scorsa settimana. Per l’occasione è stato presentato quanto previsto per il prossimo anno, quando il corso – ora sperimentale – diventerà un vero e proprio modulo di insegnamento inserito nell’offerta didattica per «imparare ad essere cittadini della sostenibilità».

L’IDEA È STATA SVILUPPATA DAL PRORETTORE alla sostenibilità Livio De Santoli insieme al comitato tecnico scientifico. «La sostenibilità – dice – nell’università è fondamentale. Ha la necessità come argomento di essere articolato nelle sue varie sfaccettature. È l’Agenda 2030 con i suoi 17 obiettivi, ma non solo. Rappresenta un nuovo approccio che porta con sé nuove prospettive professionali. Una corretta transizione ecologica – spiega – deve essere inserita in un modello economico-culturale diverso da quello attuale, che coinvolge trasformazioni anche sociali ed economiche. Per rafforzare la componente di integrazione disciplinare del sistema dell’innovazione, occorre partire dalla missione universitaria della formazione».

LA SAPIENZA, CON 11 FACOLTÀ, 57 dipartimenti e 300 corsi di laurea tra triennali e magistrali, ha scelto di mettere in campo la sostenibilità declinata in tutte le aree disciplinari, lasciando liberi gli studenti di scegliere. Gli obiettivi formativi «riguardano l’educazione, il comportamento individuale e quello collettivo passando per l’alimentazione, la salute e i diritti dell’individuo, per arrivare alle comunità, alle risorse naturali, alle città, al lavoro, alle imprese, all’innovazione, al territorio e infine alle istituzioni».

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SONO 6 I CREDITI FORMATIVI, 2 di carattere generale e due pacchetti di lezioni di 2 crediti formativi ciascuno a discrezione degli iscritti. L’obiettivo è quello di promuovere un processo di alfabetizzazione sulla sostenibilità, attraverso la transdisciplinarietà. Al corso potranno accedere tutti gli studenti, di primo e secondo livello, master e dottorandi. Il corso sperimentale quest’anno è già iniziato, a titolo gratuito per gli iscritti alla Sapienza e al costo di 300 euro per gli esterni. «In linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu – fa sapere la rettrice Antonella Polimeni – l’ateneo si mette al servizio della comunità al fine di favorire la transizione culturale in atto con un insegnamento sulla sostenibilità, declinata nelle sue diverse forme, rivolto alle studentesse e agli studenti di tutti i corsi di studio e utilizzando i numerosi ambiti di competenza del corpo docente presente in Sapienza, che rappresenta il valore aggiunto di una università generalista. Con questa iniziativa – spiega – puntiamo a formare nuove generazioni dotandole di strumenti efficaci nel campo dei green jobs, molti dei quali costituiranno importanti e innovative opportunità lavorative nel prossimo futuro». Il corso è innovativo perché favorisce «la revisione trasversale collaborativa delle conoscenze».

SUL CAMPO CI SONO «LA VALUTAZIONE, l’identificazione, l’aggregazione e l’applicazione pratica di soluzioni innovative, oltre a nuove prospettive professionali». Alla giornata inaugurale dello scorso giovedì hanno partecipato anche Patrizia Lombardi, presidente di Rus Rete università per lo sviluppo sostenibile, Ermete Realacci, presidente di Symbola, Enrico Giovannini, direttore scientifico di Asvis, e Stefano Laporta, presidente di Ispra.

GIÀ A PARTIRE DAGLI ANNI PRECEDENTI l’Ateneo romano ha fatto propri i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. È stata applicata alla ricerca scientifica la dimensione della tutela ambientale, contenuta nella voce Planet con le sue 5 P: «People, Prosperity, Peace, Partnership, Planet». Le attività hanno inglobato anche l’inclusione sociale e la crescita economica. Numerosi sono i lavori già pubblicati. Tra questi la ricerca interdisciplinare «Clima: equilibrio artico sempre più a rischio». E ancora: «L’importanza degli Accordi di Parigi per le montagne e la loro biodiversità», «Patogeni nelle acque potabili: in arrivo il biosensore economico e sostenibile che li rivela», «Contrastare la sterilità dei terreni con piante tolleranti alle alte concentrazioni saline», «Le aree importanti per la biodiversità contribuiscono al benessere dell’umanità» e «Biodiversità globale: i numeri per non perderla».

LA SAPIENZA – SCRIVEVA IL PRORETTORE De Santoli già nel 2020 – «persegue gli obiettivi dello sviluppo sostenibile attraverso le attività istituzionali, la ricerca, la didattica e la terza missione attraverso politiche volte alla conoscenza e la sensibilizzazione dei temi relativi all’economia circolare».

NEL 2021 L’ATENEO ROMANO si è collocato al primo posto, a livello nazionale, nella classifica elaborata dal Times Higher Education Supplement (THE) sull’impegno degli atenei per la sostenibilità. In particolar modo il riconoscimento ha riguardato gli obiettivi di sviluppo sostenibile inerenti alla dignità del lavoro, alla crescita economica e alla tutela della vita sott’acqua. In linea con gli obiettivi delle Nazioni Unite è anche stata istituita una Rete delle università per lo sviluppo sostenibile, di cui La Sapienza fa parte. Si tratta di «un’iniziativa di coordinamento tra gli atenei italiani che hanno assunto l’impegno a orientare le proprie attività istituzionali verso gli obiettivi di sostenibilità integrata».

NELL’UNIVERSITÀ ROMANA sono stati creati dei gruppi di lavoro specifici, che approfondiscono varie tematiche tra cui gli effetti dei cambiamenti climatici, l’energia, la mobilità sostenibile, il ciclo dei rifiuti, l’educazione, il cibo, l’inclusione e la giustizia sociale, l’industria e la comunità studentesca.