Michele Laforgia, 62 anni, è uno dei più noti avvocati di Bari. Da mesi è candidato a sindaco della città, sostenuto dal gruppo «Convenzione per Bari», di cui fa parte Sinistra italiana, e M5S.

Alle urne il centrosinistra avrà due candidati, lei e Vito Leccese. Perchè non avete trovato una sintesi?

Il fatto che nel campo progressista ci siano, non solo a Bari e in Puglia, sensibilità, culture e posizioni politiche diverse non dovrebbe sorprendere nessuno. Dopo di che non ho mai capito perché il Pd non abbia voluto convergere sulla nostra proposta: non mi è stato spiegato ma ne ho dovuto prendere atto. Di certo non potevano impormi di farmi da parte.

Così la destra è favorita.

Con due candidati è certamente più probabile arrivare al ballottaggio, ma anche indurre più elettori a recarsi alle urne. Io me lo auguro.

Con Leccese avete un accordo di collaborazione per il secondo turno. In caso di vittoria, uno dei due sarà vicesindaco dell’altro?

Ho già detto che se dovessi vincere io il vicesindaco sarebbe una donna. Abbiamo detto un’altra cosa, e cioè che chi dovesse prevalere garantirà rappresentanza e partecipazione all’altra coalizione, ma non è scontato che si tratti degli attuali candidati sindaco.

Col senno del poi, annullare le primarie è stata una scelta giusta?

Direi obbligata e prudente dopo quello che era successo quella mattina, tre giorni prima del voto: l’arresto del coordinatore di uno dei movimenti politici che avrebbe partecipato alle primarie. Non si poteva fare finta di niente, anche per rispetto nei confronti degli elettori. E non è stata una decisione di Conte: io fin dalla mattina avevo proposto di decidere tutti insieme una sospensione.

Conte però è stato decisivo.

Per altri, non per me. Il leader 5S ha espresso la sua opinione nel pomeriggio, ma da prima eravamo tutti preoccupati e convinti di dover dare un segnale. Avevo proposto di sospenderle, con una dichiarazione congiunta dei due candidati, e alla fine, invece, si è consumata una rottura del campo largo addirittura a livello nazionale: un grave errore.

Il leader 5S è intervenuto a gamba tesa su Bari. Ha compresso l’autonomia delle forze politiche cittadine?

Di certo non la mia. Io non sono il candidato di Conte e non sono dei 5s. Loro sono arrivati dopo, quando ero già stato proposto dalla Convenzione e avevo ricevuto l’endorsement di Nichi Vendola.

A livello nazionale ormai è passata l’idea di uno scontro Pd-5S, e lei è il loro candidato.

A Bari non lo pensa nessuno. Ho una storia nota, sempre a sinistra. La mia associazione, la Giusta Causa, è in campo da anni.

Sinistra italiana potrebbe non sostenerla più.

Mi sorprenderebbe. Vendola è stato uno dei primi a sostenere la mia candidatura. Da allora le condizioni non sono cambiate, anzi, si sono rafforzate.

Le inchieste di questi due mesi hanno appannato l’immagine del centrosinistra barese e pugliese? Cosa non ha funzionato in questi anni di governo? Cosa cambierebbe lei se fosse sindaco?

Alcune cose non sono andate benissimo, e penso soprattutto alla gestione delle società partecipate: le inchieste mostrano come in alcuni casi siano sfuggite al controllo del Comune. Serve un management all’altezza del ruolo. Ma c’è bisogno anche di un cambio di passo nel rapporto tra centro e periferia. Ci sono quartieri della città che sono rimasti indietro, bisogna ridurre le diseguaglianze, lavorare per una città più giusta.

Cosa invece ha funzionato?

La città complessivamente è stata bene amministrata, su alcuni temi come il welfare l’assessora Francesca Bottalico ha fatto un lavoro eccellente, in particolare sulle marginalità sociale: un esempio a livello nazionale. La città è riuscita ad attrarre investimenti pubblici e privati, su cui bisogna lavorare per il futuro.

Le inchieste raccontano una Bari allo sbando.

Mi pare una sciocchezza. Bisogna distinguere la realtà dalla narrazione. In questi anni il centrosinistra ha offerto un racconto un po’ edulcorato di una città in cui tutti sono felici e tutto andava bene. Nei fatti siamo stati un po’ meno bravi: ci sono fenomeni da cui il centrosinistra si deve liberare, a partire dal trasformismo. Ma Bari non è assediata dal malaffare e dalla corruzione e dalla criminalità.

Perché un elettore di sinistra dovrebbe scegliere lei?

Perché io sono di sinistra, e lo sono sempre stato. E perché il centrosinistra ha bisogno di un forte rinnovamento che riguarda le persone, i metodi e i contenuti. La proposta di Leccese, ex capo di gabinetto del sindaco Decaro, è una scelta puramente conservativa.

Il modello politico di Emiliano, che si è basato anche sull’idea di poter imbarcare pezzi di centrodestra, si è esaurito?

A Bari e in Puglia si è concluso un ciclo durato vent’anni, con molte luci e qualche ombra. Ci sono stati fenomeni di trasformismo e di scambio non virtuoso tra cessione del consenso e ruoli di governo. Occorre un nuovo inizio, basato sulla coerenza e sulla credibilità della proposta politica, coinvolgendo forze della città che in questi anni sono rimaste ai margini. Dobbiamo liberarci dalla sudditanza nei confronti dei portatori di voti.

Prima delle inchieste questo sistema andava bene un po’ a tutti.

Non è vero. Da anni, e non da solo, ho criticato questo sistema. Ora le cose sembrano accadere tutte insieme, ma le crisi non nascono improvvisamente.

Cosa suggerisce a Emiliano alle prese col rimpasto della giunta?

Emiliano non ha bisogno dei miei suggerimenti, ma serve un radicale cambio di passo, non un maquillage. Una crisi può diventare opportunità. I transfughi del centrodestra hanno consentito di mantenere la maggioranza, ma hanno inciso sull’azione di governo.

Il ritorno dei 5S in giunta potrebbe aiutare?

Dal 2020 fanno parte della maggioranza, non credo che basti il loro rientro. Oggi vengono al pettine nodi che forse dovevano essere affrontati prima. Noi lo avevamo detto.