Abbiamo incontrato a Firenze la rivoluzionaria operaia, Mahienour el-Massry, che è venuta in Italia a ritirare il premio Ludovic Trarieux per il suo impegno nella difesa dei diritti umani. Il riconoscimento nel 1985 venne conferito a Nelson Mandela.

Mahie, avvocato egiziano e attivista dei socialisti rivoluzionari, condannata a due anni di carcere per aver violato la legge anti-proteste, è stata rilasciata a settembre. L’attivista è al 36esimo giorno di sciopero della fame per protestare contro la detenzione arbitraria di migliaia di persone in Egitto dopo il colpo di stato del luglio 2013.

In una delle sue più toccanti lettere dal carcere Mahie scriveva: «La liberazione di Gaza inizia con la liberazione del Cairo. Ogni regime in Egitto usa la Palestina per i propri benefici e vede i palestinesi come traditori» .

Sisi agisce nell’interesse di Israele, cacciando dalle loro case gli abitanti del Sinai in nome della lotta al terrorismo?

Per cementare il suo potere, Sisi ha fatto dei palestinesi dei nemici. Per la sua guerra al terrorismo aveva bisogno di un nemico interno, e lo ha trovato: sono i Fratelli musulmani; e uno esterno: i palestinesi. E così ora Unione europea e Stati uniti vedono in Sisi un solido alleato.

Perché la repressione in Egitto è di nuovo così aspra?

Gli islamisti sono tutti in prigione (il governo ha messo ieri fuori legge anche la Coalizione, nata nel luglio 2013 a sostegno di Morsi, ndr). Ora è il turno dei movimenti di sinistra. Sono nel mirino le ong, i cui esponenti sono da sempre vicini alla sinistra egiziana. Vecchi casi di noti attivisti di sinistra, come Hessam Mohammedin (dei Socialisti rivoluzionari, ndr), vengono riferiti alla Sicurezza di Stato. Hanno arrestato compagni nelle province di Sharqeya: insomma dopo i Fratelli musulmani è il turno della sinistra. È in corso una nuova ondata repressiva. Hanno iniziato con la legge che mette il bavaglio alle organizzazioni non governative e poi hanno condannato i manifestanti del palazzo presidenziale (23 persone tra cui Sanaa Seif, ndr): prenderanno tutti, hanno riaperto vecchi casi e non si fermeranno qui.

Nel mirino di Sisi ci sono le università.

Prima della rivoluzione, l’attività politica negli atenei era limitata. Con le rivolte del gennaio 2011, i maggiori partiti hanno iniziato a fare politica nelle università e hanno aperto sezioni negli atenei. Ora la politica è bandita dagli atenei, e così gli studenti politicamente attivi sono i più penalizzati. Abbiamo perso questa battaglia.

Ci sono segnali di nuove tensioni nella giunta militare?

Non tutto va così male. Dopo l’uccisione dei soldati nel Sinai, gli egiziani iniziano a credere che anche Abdel Fattah al-Sisi sia debole. C’è un dibattito tra falchi e colombe nell’esercito egiziano. Quando è stato rilasciato Alaa Abdel Fattah (ora di nuovo in prigione) hanno prevalso i secondi e avrebbero potuto andare oltre emendando la legge anti-proteste. Così non è stato e sono tornate pene altissime per chi ha violato la norma.

Come sono trascorsi i mesi in carcere?

Mi sono adattata facilmente, nella sezione femminile c’erano tante donne anziane, le figlie non facevano loro visita e sono diventata io la loro figlia. Ma erano molto sospettose, in un primo momento erano felici che Sisi fosse arrivato al potere e speravano che le avrebbe liberate. Le guardie a volte mi rimproveravano perché passavo le mie giornate leggendo. E non obbedivo a tutto, per esempio mi sono spesso rifiutata di portare il velo. Mi arrivavano lettere clandestinamente, avevo avviato lo sciopero della fame: è ovvio che le guardie non mi amassero. Ma il mio morale era più alto in prigione che fuori. Ero entrata in quella cella per cambiare le cose, prima di tutto la legge anti-proteste, ma è ancora là.

Si svolgeranno le elezioni parlamentari, previste entro la fine dell’anno?

A che serve un parlamento, se Sisi promulga le leggi. Se il parlamento ci fosse, i Fratelli musulmani entrerebbero e inizierebbero a negoziare con il regime.

La Tunisia si democratizza. Perché in Egitto le cose sono andate diversamente?

È il ruolo dell’esercito che allontana la democrazia dall’Egitto e rende il caso tunisino così diverso. E poi i Fratelli musulmani egiziani sono più dogmatici di Ennahda. Ma dal prossimo gennaio inizia il quarto anno di rivoluzione in Egitto, la gente deve imparare dai suoi errori.

Con la voce fievole di chi non mangia da giorni, per la dura repressione in corso in Egitto, Mahie pensava di non venire a ritirare il premio in Italia.

Non sarei voluta venire, mi sento colpevole: io sono fuori e gli altri in prigione. E poi sono circondata da grandi avvocati ma io non credo nella legge, credo nella giustizia. La legge si può usare negli interessi della classe al potere o per combatterla.