Sempre – ovviamente – instabile la situazione in Ucraina: gli eventi di lunedì, gli scontri di fronte alla Rada, hanno portato alla luce tutti i punti oscuri della gestione della situazione da parte di Kiev. In primo luogo gli equilibri interni: la forza che la legittimazione politica ha dato ai gruppi paramilitari di estrema destra si è rivelata in tutta la sua potenza.

Gli scontri e i tre morti (appartenenti alla Guardia Nazionale, quindi probabilmente altri ex appartenenti ai battaglioni più nazionalisti) che ne sono derivati, dimostrano la capacità organizzativa e militare delle formazioni neonaziste, cui Poroshenko ha dato ampio spazio durante la sua presidenza. In secondo luogo è emerso il dato politico: Poroshenko ha perso per strada pezzi della sua maggioranza.

Il partito Radicale di Lyashko, una formazione populista di destra (nelle sue file nelle ultime elezioni si sono candidati rappresentanti di formazioni dichiaratamente neonaziste e ha conquistato terreno dopo essere stato un partito minoritario nella galassia neofascista ucraina) si è sfilato, perché ritiene la legge sulla maggior autonomia del Donbass un regalo a Putin.

Poroshenko dunque ha un problema di natura politica: l’Europa gli ha chiesto di normalizzare il paese, ma in questo momento non ha i numeri. La clamorosa protesta di Svoboda e camerati, inoltre, ha svelato la realtà su questa fantomatica riforma costituzionale, passata per ora solo in prima lettura. Le modifiche e l’autonomia che ne seguirebbe, non piacciono a nessuno. Non è gradita dai nazionalisti, perché in pratica sancirebbe la fine dell’unità territoriale ucraina, non piace alle regioni del Donbass perché le figure cardine della riforma sarebbero i prefetti, strumento di controllo direttamente nelle mani di Poroshenko.

Ad ora le cose stanno così: secondo il progetto che sarà esaminato in seconda lettura dal parlamento di Kiev, la nuova costituzione dovrebbe prevedere esplicitamente lo status speciale solo per la capitale. Come specificano gli stessi attivisti della Majdan nel loro sito, «il lato più controverso della modifica costituzionale è l’articolo 18 a proposito delle disposizioni transitorie». Ma i punti in discussione sono ancora tanti, troppi, non ultimo quanto richiesto dall’accordo di Minsk (che prevede amnistie e confini stabiliti).

Nel frattempo l’Europa dopo aver strozzato la Grecia e dispensato aiuti a Kiev, ha ribadito le sanzioni contro la Russia. Nell’incontro tra gli ambasciatori svoltosi ieri, è stato raggiunto l’accordo tra i 28 rappresentanti permanenti dei paesi Ue per la proroga per 6 mesi delle sanzioni europee contro individui e società russi e delle repubbliche del Donbass nell’Ucraina orientale in scadenza il 15 settembre. Le sanzioni (congelamento dei beni e divieto di viaggio) riguardano 150 persone e 37 società attive nella «destabilizzazione» dell’Ucraina.

Infine, il ministro della giustizia russa, Alexander Konovalov, ha specificato di ritenere possibile uno scambio tra la «top gun ucraina» Nadia Savchenko e il regista ucraino Oleg Sentsov, la prima sotto processo e il secondo già condannato a 20 anni per terrorismo in Russia, con cittadini russi arrestati nel Donbass. «Questa opportunità esiste sia sulla base degli accordi e delle convenzioni bilaterali, sia di canali diplomatici».