«Le forze contrarie al rinnovamento ci hanno fermati, ma è l’ultima volta». Per quanto possa suonare sinistro, l’avvertimento lanciato domenica sera dal segretario generale della Fpoe, Horbert Kicki, è tutt’altro che campato per aria. La sconfitta del candidato di estrema destra Norbert Hofer alle presidenziali austriache rappresenta un’importante battuta d’arresto per le forze populiste e xenofobe europee ma sarebbe azzardato, oltre che ingenuo, pensare a una loro sconfitta definitiva. Kicki sa bene che la possibilità che in primavera l’Austria possa andare a elezioni anticipate è molto concreta e tutti i sondaggi danno l’Fpoe in vantaggio. Al punto che anche la leader del Front National Marine Le Pen considera solo rimandata un’eventuale vittoria del partito di estrema destra austriaco.

La verità è che il destino dell’Unione europea si gioca nei prossimi dieci mesi, caratterizzati da una serie di elezioni politiche ad alta tensione in cui il rischio di emulazione della Brexit si accompagna a quello, più concreto, di un rafforzamento di tutti quei paesi, a partire dal blocco di Visegrad, insofferenti al rispetto delle regole di Bruxelles.

Austria a parte il primo ad andare alle urne sarà, il 15 marzo, l’Olanda, dove i sondaggi danno il partito della Libertà guidato da Geene Wilders in vantaggio con oltre il 30% sul Partito liberale del premier uscente Mark Rutte. Xenofobo e anteuropeista, Wilders è sotto processo per incitamento all’odio razziale (in un comizio del 2014 all’Aja chiese ai suoi sostenitori se volessero più o meno marocchini nel paese) e in caso di vittoria ha promesso un referendum per uscire dall’Ue. Coincidenza curiosa: le elezioni olandesi si terranno pochi giorni prima delle celebrazione, fissate per il 25 marzo a Roma, per i 60 anni del Trattato di Roma.

L’ipotesi di un’uscita dell’Olanda dalla Ue è tutt’altro che remota. Il Paese – che è tra i sei fondatori dell’Ue – ha già dato segnali inequivocabili in questa direzione, prima dicendo no alla costituzione europea con il 61,1% dei voti (giugno del 2005) poi, ad aprile di quest’anno, bocciando con un altro no l’accordo tra Unione e europea e Ucraina, risultato letto unanimamente come uno schiaffo all’Europa.

Neanche il tempo di respirare e per il 23 aprile e 7 maggio sono fissati i due turni delle presidenziali in Francia, dove una eventuale vittoria di Marine Le Pen – anche lei sostenitrice di un referendum per uscire dalla Europa – è stata ridimensionata dalla candidatura di François Fillon, anche se non completamente azzerata. Infine la Germania dove le elezioni politiche sono previste per settembre. Al momento un quarto mandato di Angela Merkel non sembra essere in discussione visto che i sondaggi non credono in un’ipotetica coalizione di sinistra confermando invece la possibilità di un pieno di voti per l’estrema destra Afd (Alternative für Deutschland) di Frauke Petry.

Se tutto andrà bene, se i populisti saranno fermati ovunque, solo alla fine di questa lunga serie di scadenze elettorali – alla quale adesso potrebbe aggiungersi anche l’Italia – l’Europa potrà davvero tirare un sospiro di sollievo.