Latorre tornerà a casa per quattro mesi. La notizia tanto attesa è arrivata ufficialmente ieri in tarda mattinata italiana, quando la Corte suprema di Delhi ha accolto la richiesta di rimpatrio avanzata dai legali del fuciliere Massimo Latorre, che assieme a Salvatore Girone è in stato di fermo in India da oltre due anni e mezzo per l’accusa di omicidio dei due pescatori Ajesh Binki e Valentine Jelastine.

Latorre, 47 anni, all’inizio del mese aveva sofferto un attacco ischemico transitorio. Ricoverato presso una struttura ospedaliera della capitale indiana, era stato dimesso dopo una degenza di una settimana, durante la quale – secondo le fonti mediche riportate dalle agenzie – si era quasi completamente ristabilito.

Per un totale recupero e per scongiurare l’eventualità di un nuovo attacco, i legali di Latorre avevano avanzato l’istanza di rimpatrio alla Corte suprema che nella giornata di ieri, in assenza di obiezioni da parte dell’accusa, ha accordato la licenza al fuciliere dietro una doppia garanzia scritta: due lettere, una firmata dall’ambasciatore italiano in India Daniele Mancini e una dallo stesso Latorre, in cui «inequivocabilmente» si riaffermasse l’impegno del ritorno in India al termine dei quattro mesi.

Una precauzione ulteriore legata al precedente del marzo 2013, quando un analogo impegno siglato dall’ambasciatore Mancini venne temporaneamente disatteso con un «colpo di mano» dell’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, comunicando alle autorità indiane che i due soldati non sarebbero rientrati in territorio indiano. L’ennesimo ribaltamento della posizione italiana, e il conseguente ritorno di Latorre e Girone, portarono alle pirotecniche dimissioni di Terzi che ancora ieri, su Twitter, si augurava un’azione di governo che portasse presto a un «rientro definitivo» per entrambi i marò.

Le reazioni al ritorno in patria di Latorre – che potrebbe lasciare Delhi già nella giornata di oggi, una volta evase tutte le pratiche burocratiche del caso – sono corse prevalentemente sui social network, a partire dal tweet del presidente del Consiglio Matteo Renzi, una sublimazione della diplomazia italo-indiana in meno di 140 caratteri: «Collaborazione con la Giustizia indiana e stima per il premier Modi e il suo Governo. Lavoreremo insieme su tanti fronti». Il cinguettìo sibillino di Renzi (così al riparo da un confronto più costruttivo con la stampa) ha scatenato le critiche di Giorgia Meloni (FdI-An) – «Renzi stima l’India perché rimanda a casa Latorre per 4 mesi dopo un’ischemia e 2 anni di detenzione illecita? Sei impazzito?» – e l’ironia di Ignazio La Russa (FdI-An), che ad Adnkronos ha dichiarato: «Il tweet del nostro presidente del Consiglio ci riempie di orgoglio e rende ancor più chiaro a tutti cosa è la dignità nazionale».

La ministra della Difesa Roberta Pinotti, che alla notizia del malore di Latorre raggiunse immediatamente il fuciliere per sincerarsi di persona delle sue condizioni di salute, ha accolto positivamente il via libera decretato dalla Corte suprema indiana, ribadendo l’impegno di Roma nell’ottenere il definitivo rimpatrio dei due marò «attraverso le iniziative che abbiamo già intrapreso e porteremo avanti con determinazione»: l’internazionalizzazione del caso, ricorrendo a un arbitrato internazionale per portare il procedimento penale davanti a una Corte terza, e il dialogo diplomatico con la controparte indiana. Questa seconda opzione, in caso di esito positivo, permetterebbe un rientro definitivo di Latorre e Girone in Italia in tempi brevi, a differenza del ricorso a una Corte internazionale, i cui tempi tecnici vengono stimati da vari giuristi nell’ordine di anni.

Il governo indiano, nelle ultime settimane, ha ribadito a più riprese – prima in una telefonata tra Modi e Renzi, poi con una dichiarazione della ministra degli Esteri Sushma Swaraj – di non volersi intromettere in affari di competenza esclusiva degli organi giudiziari indiani, lasciando intendere – almeno in via ufficiale – il rifiuto di sedersi a un tavolo delle trattative con i rappresentanti di Roma.

Il permesso di rimpatrio di Latorre ha evidentemente le caratteristiche dell’eccezionalità. Mai, in questi due anni e mezzo, i giudici indiani avevano disposto una licenza così lunga, esponendosi di fatto ai rischi di un nuovo colpo di scena. Una volta toccato suolo italiano, infatti, Latorre potrebbe essere «trattenuto» dalle autorità italiane, avendo un procedimento penale pendente aperto presso la procura militare di Roma, relativo ai reati di violata consegna aggravata e dispersione di oggetti di armamento militare. Lo indica il giurista Natalino Ronzitti in una dichiarazione affidata ad Adnkronos, spiegando però che «il vero nocciolo della questione è l’eventuale conflitto tra norme interne e accordo internazionale».